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La politica parla di calcio: per la Champions ci vuole CR7-Draghi
Ma, in questi giorni, siamo andati oltre. E' la politica che parla di calcio. Non le solite interrogazioni parlamentari (per lo più contro la Juventus) o qualche stretta di mano con un ultras (gli stadi sono chiusi). No, il calcio viene usato per interpretare quello che sta succedendo. In mancanza di altro (cultura o coraggio intellettuale), per giustificare la scelta di appoggiare Draghi, fino a pochi minuti prima dileggiato come "tecnocrate, banchiere, burocrate europeista, affamatore globalista di popoli…" e soprattutto un "non politico", cosa si va a dichiarare? Che, forse, ci si può affidare a uno che ha saputo gestire la tempesta dell'Euro? Ha saputo impedire che l'Italia e qualche altro Paese mediterraneo venissero affossate dalle loro beghe e crisi interne? Ha tenuto a bada la Bundesbank, riuscendo a trovare un consenso politico attorno a soluzioni tecnico monetarie invise alle Nazioni europee di maggior peso? No: figuriamoci!
Figuriamoci se certa politica (quella dei talk show, degli slogan elementari-brutali, delle promesse impossibili) che un giorno dichiara di "aver sconfitto la povertà" e il giorno dopo di "aver difeso i confini della patria", quando invece il Paese s'impoverisce e s'intristisce, senza nemmeno una decente prospettiva, trova il coraggio di dire: "Non sappiamo cosa fare". Perché, ora, il tempo per incassare i 209 miliardi europei (tra prestito trentennale e fondo perduto) sta scadendo e non ci si può più nascondere dietro il banco o precipitarsi a copiare a pochi minuti dalla campanella. Ecco che allora per giustificare una certa protratta inettitudine dimostrata dalle varie coalizioni, Draghi diventa per coloro che lo avevano detratto, "CR7, uno che non si discute" oppure "un fenomeno, il numero uno, il Ronaldo della politica" e ancora "numero uno, no, quello è il portiere…un numero dieci, un genio, un fantasista che smista e segna". Oggi il 10 non è più quel mitico numero e ruolo d'un tempo (Rivera, Platini…) ma fa lo stesso: prima l'ex Governatore della Banca d'Italia non doveva giocare. Destinato alla panchina, poteva tutt'al più essere rabbonito con qualche buffetto: "M'ha fatto una buona impressione" disse due mesi fa Di Maio dopo averlo incontrato che è come se Bruscolotti dopo aver visto giocare Maradona avesse sentenziato: "Mica male".
Già: il supertecnocrate, il freddo uomo dei numeri, l'alieno privo di quella squisita "sensibilità politica che conosce i problemi della gente…" ora viene invocato come il salvatore della patria da buttar dentro nell'ultimo quarto d'ora per farne almeno 2 o 3 e tentare di vincere una finale epocale. E' probabile che ce la farà se almeno qualcuno si metterà a correre dietro a lui, senza giocargli contro. E' quasi sicuro che, comunque, la Coppa la alzerà qualcun altro, dotato "d'una straordinaria sensibilità politica…".