Jacobelli: Van Basten, i 50 anni di un Mito che Braida portò al Milan (anche se a Berlusconi piaceva Rush)
Ma nel gotha, dove Diego sta con Pelè, c'è anche il signore di Utrecht che il 17 agosto 1995, all'età di 30 anni, 9 mesi e 17 giorni, si è ritirato a causa di una caviglia che non guariva mai e che l'ha fatto soffrire in modo indicibile. Ha segnato 147 gol in 90 gare ufficiali con il Milan, dopo averne realizzati 128 nelle 133 partite con l'Ajax. Al Milan lo portò Ariedo Braida, quando sembrava che l'attaccante dell'Ajax dovesse andare alla Fiorentina: "La prima volta che l'ho vista faceva numeri alla Pelè - ha raccontato stamane alla Gazzetta l'ex direttore sportivo rossonero - Van Basten accarezzava sempre il pallone, era dolce in quello che faceva. Per lui una parola: magia".
A Berlusconi piaceva molto Ian Rush, che, invece, finì alla Juve. Chi ci abbia guadagnato, lo sapete.
Ho avuto la fortuna di seguire la straordinaria storia di Van Basten, sia nel Milan sia nella Nazionale olandese. Facevo l'inviato per il Corriere dello Sport-Stadio negli anni in cui gli stranieri per squadra in A erano tre su undici. Oggi, se va bene, succede il contrario, quando non sono undici su undici. Allora il Milan aveva Gullit, Rijkaard e Van Basten. Il massimo. Ho visto Van Basten fare un tunnel in allenamento a Franco Baresi, a Milanello.
Ho visto Van Basten marchiare la finale di Coppa dei Campioni '89 a Barcellona, quando lui, Gullit e il fantastico squadrone di Sacchi demolirono la Steaua. L'anno prima, nella finale dell'Europeo '88, Marco aveva segnato all'Urss quel gol al volo che fece alzare in piedi il mondo.
Ho visto Van Basten l'anno dopo, a Tokyo, in dicembre, finale della Coppa Intercontinentale con l'Olimpia Asuncion: stranamente non segnò, ma firmò una partita da cineteca, mandando in gol, Rijkaard come già gli era accaduto a Vienna, sette mesi prima, finale di Coppa dei Campioni vinta sul Benfica. L'ho visto felice a Parigi, quando gli consegnarono il Pallone d'Oro.
L'ho visto nei momenti di gloria e nei momenti di dolore. A Istanbul, prima di una partita Turchia-Olanda che lui non giocò perchè la caviglia lo torturava anche se provò e riprovò sino all'ultimo prima di arrendersi. Lui che avrebbe voluto giocare i mondiali del '94, anche se l'articolazione lo faceva impazzire così tanto, da impedirgli di coronare il sogno.
L'ho visto in una clinica di Sankt Moritz, accompagnandolo in uno dei ripetuti viaggi della speranza da un luminare olandese che non riuscì a guarirlo. L'ho visto ad Anversa, dal prof. Martens, l'uomo che gli disse: "Così non puoi più andare avanti". Al che Marco rispose: "Allora è meglio togliere subito il dente". Auguri, Marco. Come te, nessuno mai.
Xavier Jacobelli
Direttore Editoriale www.calciomercato.com