Jacobelli, Paolo Pantani 3 anni fa disse: 'Ecco perché hanno fatto fuori Marco'
Col du Galibier, 2.301 metri di altitudine, Alta Savoia, Francia, 19 giugno 2011. Paolo Pantani ha gli occhi lucidi. Come Tonina, sua moglie. Lui e lei hanno appena assistito all’inaugurazione del monumento dedicato a Marco, voluto con tutte le proprie forze da Sergio Piumetto, piemontese di Cherasco trapiantato a Les Deux Alpes dove il 27 luglio 1998 il Pirata firmò una delle imprese più memorabili della sua straordinaria carriera. Quella che lo lanciò al trionfo nel Tour, due mesi dopo avere vinto il Giro.
Quel giorno di giugno sono sul Galibier, accanto a Paolo e a Tonina. Dirigo quotidiano.net, l’edizione on line dei giornali della Poligrafici Editoriale (Il Resto del Carlino, La Nazione, il Giorno, Quotidiano Nazionale). Piumetto era venuto a trovarmi un anno prima, a Bologna, per raccontarmi il suo sogno. Erigere un monumento al Pirata lassù, sulle montagne francesi. E siccome chi sogna non si arrende mai, sino a quando la vita che s’immagina diventa realtà, noi di quotidiano.net avevamo deciso di accompagnare passo dopo passo la costruzione di quel sogno.
Le parole di Paolo Pantani mi sono tornate alla memoria in queste ore in cui ha fatto il giro del mondo la notizia della riapertura delle indagini sulla fine di Marco, trovato morto nel bilocale D5 del residence Le Rose di Rimini. L’ipotesi di reato è: «omicidio e alterazione di cadavere e dei luoghi».
La magistratura si è mossa dopo avere ricevuto l’esposto dall’avvocato Antonio De Rensis, legale dei Pantani. Né Paolo né Tonina hanno mai accettato la tesi che Marco fosse morto per overdose lui spontaneamente assunta. Mai. Ecco perché, adesso, Tonina ripete le parole che aveva pronunciato quel giorno sul Galibier, che i due genitori hanno pronunciato sempre da quando Marco se n’è andato: «Da una parte sono contenta, finalmente non sto più urlando al vento. Ma dentro di me c’è anche rabbia, rabbia e ancora rabbia: perché tutto questo tempo? Perché nel 2004 diverse cose non erano al loro posto e nessuno ha fatto nulla per darmi delle risposte?».
Tonina e Paolo hanno sempre difeso strenuamente la memoria di Marco. E lo avevano sempre difeso anche prima della notte di San Valentino in cui se ne andò. Lo avevano difeso dalle accuse di doping, lui che non era mai stato positivo a un controllo; avevano chiesto invano di sapere che cosa fosse esattamente successo a Campiglio, quando il 5 giugno del ’99, mentre stava vincendo il Giro, venne squalificato per un valore dell’ematocrito alterato di un punto.
Ai cialtroni e ai mentecatti che da quel giorno hanno sputato solo veleno addosso a Marco, spingendolo nel tunnel senza ritorno della depressione, bisogna ricordare le parole del campione: «Ero già stato controllato due volte, avevo già la maglia rosa e il mio ematocrito era del 46 per cento. Ora invece mi sveglio con questa sorpresa: c’è qualcosa di strano». Pantani lascia Madonna di Campiglio alle 13.05. A Imola, nel pomeriggio, si sottopone a un esame del sangue in un laboratorio accreditato dall’Uci: nei due test il suo ematocrito risulta pari a 47,8 e 48,1. Regolare. Ma dal Giro l’hanno fatto fuori per sempre.
La mattina di Campiglio un giornale aveva titolato: Marco pedala nella leggenda. Il giorno dopo l’ha scaricato come un pacco postale. Paolo e Tonina non hanno mai dimenticato. Ora hanno il diritto di sapere la verità anche su Campiglio. Mentre le jene sono andate a nascondersi.
Xavier Jacobelli
Da L'Eco di Bergamo, editoriale in prima pagina, edizione di oggi, 4 agosto 2014