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Italia, cinque anni di Mancini: l'impresa europea e la delusione mondiale, tutti i numeri del ct azzurro
La Figc, con una nota sul proprio sito, ripercorre tutte le tappe, i numeri e i record di Mancini sulla panchina azzurra.
Cinque anni di fila sulla panchina della Nazionale non sono da tutti: finora c'erano riusciti solo Vittorio Pozzo ed Enzo Bearzot. Domani, toccherà a Roberto Mancini spegnere idealmente la sua 5ª candelina Azzurra e lo farà nella sua Jesi, dove in questi giorni è impegnato a girare uno spot per la Regione Marche, della quale è fieramente testimonial.
Cinque anni fa, il suo esordio ufficiale con la Nazionale, da Commissario Tecnico: era il 28 maggio 2018 e a San Gallo (Svizzera) l’Italia superava 2-1 in amichevole l’Arabia Saudita con i gol di Mario Balotelli e Andrea Belotti.
Era la ripartenza dopo "l’Apocalisse", l’eliminazione dal Mondiale 2018 decretata dal play off con la Svezia nel novembre 2017 e il successivo commissariamento della FIGC. Per 7 mesi la Nazionale era stata orfana della sua guida: a marzo la ‘soluzione ponte’ con Di Biagio (ko con Argentina e pari con Inghilterra), mentre la dirigenza commissariale continuava la ricerca del successore di Ventura. Poi a metà maggio, ecco il jolly Mancini, che si liberava dal rapporto con lo Zenit San Pietroburgo: il 14 maggio la firma sul contratto, nello studio dell’allora vice commissario FIGC, l’avvocato Angelo Clarizia (‘galeotto’ l’incontro a casa del Mancio il 30 aprile, anticipato dalla Gazzetta dello Sport); il giorno dopo, la presentazione ufficiale a Coverciano al fianco dell’allora commissario Roberto Fabbricini. Il 23 il primo giorno di ritiro con un gruppo di 28 calciatori (tra i 4 volti nuovi due futuri campioni d’Europa, Berardi ed Emerson), per i test con Arabia Saudita, Francia (a Nizza) e Paesi Bassi (a Torino, la prima in casa).
Dopo aver conquistato 13 trofei da tecnico (4 campionati tra Inter e Manchester City e 9 coppe nazionali tra Inter, Fiorentina, Manchester City e Galatasaray), Mancini assumeva la guida della Nazionale (solo Trapattoni con 20 trofei al momento della nomina aveva vinto di più). Prendeva in mano le redini di quella squadra che aveva sempre amato e sognato, senza riuscire però a ritagliarsi uno spazio da protagonista (36 presenze e 4 reti): tra i pre convocati nel 1982 a 18 anni, poi la lite con Bearzot nella tournée negli Stati Uniti (1984) che gli fece saltare Messico ’86, della quale rimpiange ancora il fatto di non essersi mai scusato con il Ct, il terzo posto a Euro ’88 in Germania (con il primo gol e relativa esultanza polemica verso la tribuna), il Mondiale di Italia '90 vissuto senza entrare mai in campo, la rinuncia ad essere il vice Baggio a Usa ’94 dopo l'amichevole a Monaco di Baviera nella quale ruppe con Sacchi, altra sliding doors per il Mancio in Nazionale e per i tifosi Azzurri che forse, a Pasadena, con un 10 delle sue caratteristiche avrebbero potuto esultare per una Coppa sfumata invece ai rigori.
Da quel giorno, Mancini avrebbe imposto un nuovo modello di Ct: prendeva una squadra reduce da un fallimento, aveva gli occhi addosso di un Paese ancora deluso, e proponeva al gruppo un nuovo modo di vivere la Nazionale. Poche ma fondamentali scelte: l’ambizione di vincere nonostante il baratro da cui partiva, la rivoluzione di un sistema tradizionale puntando su un gioco moderno e offensivo, la serenità di chi sa guardare oltre l’orizzonte, il sorriso e la voglia di divertirsi in campo e fuori che avrebbero ispirato gli anni seguenti.
Le prime parole sono un manifesto del suo stato d’animo e di quello che avrebbe poi costruito: "Sono emozionato perché diventare Ct della Nazionale non è una cosa così banale. Ho messo piede per la prima volta nel 1978 a Coverciano con l'Under 14. Essere qui in questo ruolo adesso è importante. Sono felice anche per i miei genitori, che saranno orgogliosi. Essere Ct azzurro è la massima aspirazione per tutti e questo era il momento giusto nella mia carriera. Giocare bene? Di solito chi riesce a farlo poi vince, e viceversa. Una cosa importante è che i giocatori che arrivano alla Nazionale devono farlo con il cuore, perché ogni giocatore sogna di arrivare in questa squadra e vincere con l'azzurro”.
La prima Nations League 2018-19 è il test per un biennio da record: il ko a Lisbona con il Portogallo il 10 settembre sarebbe stato l’ultimo fino al 6 ottobre 2021, con il record di 37 partite utili che diventa la striscia più lunga di tutti i tempi per una Nazionale, meglio del precedente primato del Brasile (35 tra il 1993 e il 1996). La rivoluzione tattica parte dalla trasferta tra Genova e Chorzow (ottobre 2018): pari con l’Ucraina al ‘Ferraris’ nella serata con ‘Genova nel cuore’ dopo il crollo del ponte Morandi e l’incontro riservato con i bambini orfani a causa di quella tragedia (l'impegno di questa squadra fuori dal campo è un'altra caratteristica del ciclo Mancini), poi il successo allo scadere con la Polonia firmato Biraghi al 94’ in una sfida per non retrocedere (anche se poi la UEFA avrebbe allargato il format e la Polonia si sarebbe dunque salvata lo stesso).
È lì che nasce la squadra che diventa invincibile: il mese successivo, a Genk in Belgio, sempre al 94’ il gol di Politano piega gli Stati Uniti e avvia la serie di 11 vittorie consecutive, fino al rotondo successo con l’Armenia a Palermo nel novembre 2019 (l’ultima gara prima del Covid), nuovo primato azzurro che supera le 9 vittorie di Pozzo (1938-39); in quella striscia di 11 c’è anche un altro primato: l’en plein nelle qualificazioni a EURO 2020 (10 vittorie su 10), prima volta per l’Italia in un girone verso Europeo o Mondiale. La ciliegina sulla torta di questo 2019 è il 9-1 all’Armenia: 9 reti segnate in una gara dopo 71 anni (1948, Italia-Usa 9-0, vittoria più larga della storia), 4ª vittoria nella storia con 8 gol di scarto (le altre nel 1928, 1936 e 1952).
Nel frattempo Gabriele Gravina diventava Presidente FIGC (22 ottobre) e si creava un binomio vincente tra vertice politico e tecnico. Gravina avrebbe poi chiamato all’inizio del 2019 Gianluca Vialli a completare lo staff della Nazionale come capo delegazione, riformando la coppia che aveva fatto, allora in campo, la fortuna della Sampdoria.
Iniziava una cavalcata trionfale: finita l’emergenza Covid, l’Italia ripartiva nella nuova edizione di Nations League 2020-21 nell’autunno 2020. Primo posto nel girone davanti ai Paesi Bassi e qualificazione alle Finali, poi la lunga rincorsa a un ‘Sogno Azzurro’, fino a Wembley, dove si celebrava il secondo titolo europeo della storia Azzurra (con il record di 13 vittorie consecutive fino alla semifinale con la Spagna), che regalava al Paese una delle più grandi emozioni sportive.
L’11 luglio 2021, la Nazionale alzava il trofeo ‘Henry Delaunay’ al termine di una sfida mozzafiato con l’Inghilterra padrona di casa, suggellata dalle parate di Donnarumma ai rigori. Il giorno dopo Roma celebrava la Nazionale campione d’Europa con un tributo di folla nella sfilata tra Quirinale e Palazzo Chigi. “Ancora non siamo consapevoli di quello che abbiamo fatto”, sussurrava il Ct prima di varcare la soglia del Quirinale. Il presidente Mattarella rendeva onore agli Azzurri: “Avete meritato ben oltre il punteggio, avete vinto esprimendo un magnifico gioco. Avete manifestato armonia di squadra tra di voi e nel gioco. Va espresso un ringraziamento a Roberto Mancini per la fiducia che ha sempre manifestato, la rivoluzione che ha introdotto nell'impostazione del gioco, l'accurata preparazione di ogni partita”.
Pochi mesi prima, il 17 maggio 2021, Mancini aveva prolungato il legame con l’Azzurro fino al 2026, al Mondiale che, pochi mesi dopo, sfumata la qualificazione alla Coppa del Mondo di Qatar nella notte amara di Palermo a marzo 2022, sarebbe diventato il nuovo chiodo fisso nei pensieri del Ct. A caldo, nelle interviste post eliminazione, Mancini non nascondeva la grande amarezza che provava: “Credo che come luglio sia stata la cosa più bella che ho avuto a livello professionale, questa è la più grande delusione. Pensare al futuro? Vediamo cosa succede, la delusione è troppo grande per parlarne ora. Ai miei ragazzi voglio più bene ora che a luglio scorso”. Così, dopo la grande delusione che il gol di Trajkovski aveva dato al Ct, agli Azzurri e agli italiani, il pensiero che si imponeva nella sua testa era quello di una seconda ricostruzione, lavorando sugli eroi di Wembley e sui ragazzi di una nuova generazione, che fatica a trovare spazio in Serie A. E allora gli stage con i calciatori tra i 16 e i 20 anni più interessanti, lo sguardo alle Nazionali Giovanili, una rosa giovanissima nella Nations League 2022, dopo aver chiuso, con la sconfitta nella Finalissima con l’Argentina vincitrice della Coppa America (3-0 a giugno 2022, di nuovo a Wembley) una fase della sua carriera Azzurra: l'addio alla Nazionale di Chiellini, le partenze verso gli Usa di Insigne e Bernardeschi.
Facevano il loro esordio tra giugno e novembre tanti ragazzi ai quali Mancini ha subito dato fiducia: Frattesi, Gnonto, Pobega, Dimarco, S. Ricci, Cancellieri, Zerbin, Gatti, S. Esposito, Scalvini, Pafundi (l’esordiente più giovane con 16 anni, 8 mesi, 2 giorni, negli ultimi 110 anni, solo Gavinelli e De Vecchi erano più giovani nel 1911 e 1910 il giorno del loro esordio), Fagioli, Miretti.
Tutto per provare a vincere quel Mondiale, nel quale, lui, il Ct, non ha mai giocato neanche 1’. “Per colpa mia”, come ha detto più volte nelle interviste rilasciate in questi anni. Chissà che il cerchio non si chiuda più o meno lì dove tutto è iniziato: era il 26 maggio, ma del 1984, dunque 39 anni e 2 giorni fa, quando iniziava la sua storia con la maglia Azzurra. A Toronto, Bearzot lo mandava in campo nell'amichevole con il Canada. Paese che, con USA e Messico, ospiterà il Mondiale 2026. Appunto.
I 5 anni di Roberto Mancini sulla panchina Azzurra
Esordio: 28 maggio 2018, San Gallo: Arabia Saudita-Italia 1-2.
Score: 59 partite, con 36 vittorie (il 61%, solo Pozzo 66% e Sacchi 64,15% meglio), 15 pari e 8 Ko, per 123 punti complessivi (media 2.08, anche qui dietro solo a Pozzo 2.16 e Sacchi 2.13).
Realizzate 119 reti con 36 calciatori (Barella, Belotti e Immobile i bomber con 8 reti) e media di 2.02 (solo con Pozzo l’Italia ha fatto meglio, 2.45).
Subite 41 reti, media di 0,69 (dietro le squadre di Vicini, Maldini, Sacchi).
Convocati 104 calciatori (ultimi nel gruppo Carnesecchi, Falcone, Buongiorno, Darmian e Retegui), 90 quelli schierati (Donnarumma il più impiegato 47 gare e 4.042’), 56 gli esordienti (Pafundi il più giovane con 16 anni, 8 mesi, 2 giorni, meglio di lui solo Gavinelli nel 1911 e De Vecchi nel 1910).
Record / Tutte le Nazionali FIFA
Maggior numero di gare utili: 37 tra il 2018 e il 2021
Record / Nazionale italiana (1910 - oggi)
Maggior numero di gare consecutive in casa senza sconfitta: 22 (dal giugno 2018 all’ottobre 2021), migliorata la serie di 21 gare con Bearzot
Maggior numero di successi consecutivi: 13 (novembre 2020-luglio 2021)
Miglior percentuale di vittorie in una qualificazione: 100% (10 su 10 nel girone per EURO 2020)
Striscia più lunga senza subìre reti: 1168’ (ottobre 2020 - giugno 2021).