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Inter, su Barella ha avuto ragione Sacchi
“Nicolò Barella è cresciuto sotto gli sguardi dei grandi, un piccolo eroe tenuto d’occhio da numi olimpici. Il primo è stato Gigi Riva che lo ha visto sgambettare nella scuola calcio di Cagliari che portava il suo nome. In quel bambino più piccolo degli altri, che lottava più degli altri ha riconosciuto subito il sacro fuoco dei predestinati. Poi sono venuti gli occhi del visionario Arrigo Sacchi, coordinatore delle giovanili azzurre. Mentre qualche tecnico a Coverciano storceva il naso davanti a quel ragazzino che si esaltava nei tackle, ma che trattava la palla in modo poco gentile, Arrigo suggeriva: «Datemi retta: educare due piedi è sempre possibile, insegnare lo spirito che anima quel ragazzo, no. Teniamocelo stretto». E così il giovane Barella ha continuato a frequentare il centro tecnico federale e a crescere, anche in continente. Sull’isola, a farlo lievitare, era l’orgoglio di appartenenza, giocare per la squadra della sua terra. L’esordio nel Cagliari a 17 anni, un passaggio di crescita a Como, poi il ritorno in rossoblù e, nel 2019, l’Inter. E comunque anche l’Inter è orgoglio di appartenenza. La maglia per cui ha tifato da bambino. Barella ha sempre difeso le cause del cuore: Cagliari, Inter, Italia. «Amare il proprio lavoro è ciò che avvicina di più la felicità sulla terra», sosteneva Rita Levi Montalcini. Per un calciatore, probabilmente, lo è giocare con le maglie più amate. Nicolò ha conquistato San Siro con lo spirito dei numi che lo hanno visto crescere: con la forza inesauribile di un rombo di tuono e pressando tutto ciò che si muove sul prato, come piace a Sacchi. Aveva ragione Arrigo: «I piedi si possono educare»”.