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Di Canio sfigurato dall'ipocrisia
Ecco, davanti a quest’altro Paolo Di Canio ho sempre provato incondizionata ammirazione. Disistima totale per il fascista dichiarato, stima assoluta per l’uomo di sport. Una contraddizione? Non mi pare proprio. Col tempo ho imparato che le persone bisogna conoscerle, e valutarle per ciò che fanno. Nel corso degli anni ho visto fare cose bellissime a persone con le quali continuo a condividere poco o nulla in termini ideologici, così come mi sono imbattuto in persone ignobili che condividevano i miei valori politici. Per questo dico che ho in egual misura stimato e detestato Paolo Di Canio. E per questo l’intervista di oggi mi ha spiazzato. Perché quel Paolo Di Canio che ho stimato e detestato non lo ritrovo più.
Ho trovato invece un uomo provato. Segnato da una vicenda ipocrita dall’inizio alla fine, nella quale però gli ipocriti sono stati tutti tranne lui. E quella vicenda la conosciamo bene. Il suo allontanamento dovuto al fatto che, nel corso della campagna pubblicitaria del palinsesto di Sky Sport, l’indossare una maglia a mezze maniche ha fatto spiccare il tatuaggio con la scritta “Dux”. Da lì la protesta che è montata in rete – non c’è solo la post-verità a avvelenare il web, ma anche i moralisti dal click facile –, e la conseguente decisone presa dalla dirigenza della rete di allontanare l’ex laziale motivata da ragioni “di opportunità”. Ma per cosa? Per aver scoperto ciò che tutto il mondo sapeva da anni, e cioè che Paolo Di Canio è (era?) fascista? Perché qualcuno dalla rete ha notato un tatuaggio che in redazione avranno notato centinaia di volte prima dell’esplodere del caso? Ipocrisia al cubo, con lui soltanto a recitare come sempre la parte dell’uomo senza compromessi. Che prende e se ne va senza fare polemiche più di tanto – e che se anche le avesse fatte, ne avrebbe avuto ben donde.
Adesso, a qualche mese di distanza, Paolo Di Canio riemerge dal silenzio. E lo fa recitando un pubblico atto di contrizione. Si dice dispiaciuto e pentito. Ma pentito di che? Di essere stato se stesso? Davvero non capisco, e aggiungo che vedere una persona – qualunque persona – compiere una così severa autocritica pubblica è cosa che disturba e fa male. E so già che qualcuno salterà su a obiettare, per dire che quell’autocritica potrebbe non essere sincera ma soltanto strumentale. Fatta per recuperare uno spazio in pubblico e un lavoro di cui Paolo Di Canio si è reso conto di non poter fare a meno. A costoro che obiettano, rispondo: e se anche fosse, cosa ci trovereste di così marcio? Si fa cose ben peggiori per ragioni strumentali. Per quanto mi riguarda, nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera ho visto un uomo che ha rimesso in discussione se stesso, costretto a pagare il conto dell’ipocrisia di altri, e anche sinceramente convinto di aver fatto degli errori che non rifarebbe. Non mi interessa sapere se abbia smesso d’essere fascista. Preferirei continuasse a esserlo, ma mostrando l’inflessibilità di sempre nei comportamenti. Soprattutto, mi piacerebbe udire qualche parola – anche una sola – da quei signori di Sky che, toh!, all’improvviso si sono accorti di avere un fascista in casa e l’hanno scaricato soltanto per non rovinarsi l’immagine di political correctness. Ma i signori di Sky non parleranno. Potete giurarci.
@pippoevai