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    "Il Var ha rovinato il calcio": Gasperini si arrabbia, e come dargli torto?

    "Il Var ha rovinato il calcio": Gasperini si arrabbia, e come dargli torto?

    • Simone Eterno
      Simone Eterno
    "Io sono assolutamente in difficoltà col VAR, credo che abbia completamente modificato il gioco del calcio. Anche chi è nel calcio da tanti anni non si riconosce in quello che è questo nuovo regolamento, indipendentemente dai vantaggi o svantaggi che uno può avere in una partita. È uno strumento che non ha valorizzato il gioco del calcio. Lo ha peggiorato enormemente. Ha tolto i contrasti, ha messo tanta confusione sui falli di mano. A me non piace. A me non piace assolutamente. È vero che si sono alcuni casi eclatanti che il VAR effettivamente scopre, ma ce ne sono anche troppi che hanno reso questo gioco un qualcosa di diverso; un qualcosa di diverso nello spirito, nell'origine, nei movimenti, nella coordinazione, nello sviluppo del gioco, nei movimenti dei giocatori... Un insieme che non ha migliorato sicuramente il gioco, ma anzi ha creato tanta confusione. Anche nei tifosi. Perché le polemiche sono triplicate in quanto non c'è certezza di regolamento. Può essere tutto e il contrario di tutto. È uno strumento che è diventato troppo poco utile". 

    Queste parole non sono di ieri sera, ma dello scorso 3 febbraio. Ai microfoni di Mediaset, testuale, parola per parola, sillaba per sillaba, Gian Piero Gasperini rispondeva così a chi gli chiedeva un'opinione sul VAR e sui tanti casi che ormai stanno tenendo l'ordine del giorno. In Italia e anche in Europa. Il tecnico dell'Atalanta insomma ancora non sapeva che sarebbe stato costretto a un ritorno più complicato del previsto in Champions League, martedì prossimo, a Bergamo, dove la sua squadra sarà chiamata a ribaltare un risultato figlio di una di quelle decisioni che hanno reso il calcio "un qualcosa di diverso". 

    Ha ragione, Gian Piero Gasperini. Ed è necessario per una volta mettere da parte, in caso l'aveste, l'antipatia per il personaggio; che fuori da Bergamo, si sa, non vanta tantissimi fan. Le parole di insofferenza del tecnico dell'Atalanta sono anche quelle di chi, con il calcio, un altro calcio, è cresciuto. Un calcio imperfetto, certo. Ma un calcio 'vero'. Non questa cosa qui che vediamo oggi vivisezionata al microscopio. 

    Ha ragione Gasperini quando parla di 'natura del gioco'. Il pallone nasce come uno sport di contatto e, l'occhio della telecamera, lo sta trasformando in altro. Un qualcosa di peggiore. Un qualcosa in cui è premiata la furbizia, più del talento o la giocata. 

    Si perché il problema in fondo è semplice: i contatti. Natura e intensità di un contatto possono essere interpretati secondo lo spirito originale dei padri fondatori solo dal vivo, solo percependone appunto l'intensità d'impatto. Davanti a una telecamera, vivisezionando un'immagine, sono tutti falli. Ed è proprio da qui che nascono l'infinità di calci di rigore irreali cui siamo costretti a convivere dall'introduzione del VAR a oggi. Mani scovate, più che mani palese. Movimenti "da pinguini", come li definisce sempre Gasperini, con difensori costretti a saltare o correre in maniera innaturale. E poi i tuffi. Una serie infinita di cadute - e di ricerche di caduta soprattutto - che, appunto, davanti a una telecamera, diventano quasi sempre un fallo. È qui che abbiamo snaturato il gioco, nella reintrepretazione della componente fisica che è diventata quasi completamente subordinata al potenziale giudizio di tre/quattro persone che, a migliaia di chilometri da colui che è invece a qualche metro dall'azione, lo richiamo al giudizio. 

    Una spada di Damocle che ha completamente rincoglionito, perdonateci la volgarità del termine, la categoria. Perché il VAR, ancora prima dei danni apportati al gioco alla voce 'contatti', ha completamente devastato il processo decisionale della categoria arbitrale. I guardalinee non fanno più i guardalinee, tanto per iniziare; con la categoria di assistenti che, per non sbagliare, la bandierina non la alzano più nemmeno davanti a un fuorigioco di 5 metri. E gli arbitri, da una parte succubi dello strumento tecnologico e dall'altra oggettivamente in difficoltà di fronte alle sfaccettature di un regolamento diventato cervellotico proprio in funzione della tecnologia, fischiano rigori come quello del signor Umut Meler. Arbitro oggettivamente molto scarso - non lo si scopre certo ieri considerati i suoi precedenti in Turchia e in Arabia Saudita - ma in qualche modo prodotto del calcio contemporaneo, dove sfiorare un volto - e simulare un danno - porta a un risultato concreto grazie all'aiuto - o eventuale aiuto - di 'Sua Santità il Replay'. 

    Un replay - giusto ricordare anche questo - che avrebbe dovuto risolvere ogni tipo di polemica o quasi. Almeno questo prometteva la sua introduzione. Quella tanto agognata battaglia che in Italia risale addirittura ad Aldo Biscardi. "Vogliamo la moviola in campo", sbraitava il buon Aldo dal palcoscenico del suo 'Processo'. La moviola in campo però ha prodotto questo: uno snaturamento della disciplina, un regolamento cervellotico, una quantità di polemiche superiori a quelle precedente. Perché Gasperini ha ragione anche qui. Mai - ma proprio mai - come oggi, si discute tanto di episodi. Di braccio o non braccio, di contatto o non contatto, di falli o non falli, persino di rimesse dal fondo non viste, paradosso di un regolamento in cui tecnologia ci aiuta - almeno lì vivaddio - a capire se la palla ha passato o no la linea di porta, ma non possiamo utilizzarla per un cross come quello di Bastoni che porta al corner con cui l'Inter trova il gol contro la Fiorentina: pallone fuori di 30 centimetri. 

    Si è creata insomma quell'enorme "confusione" cui ancora fa riferimento Gasperini e il cui rischio concreto, sul lungo periodo, è quello di portare alla disaffezione del tifoso. Perché non comprendere più il "perché" di una scelta, alla lunga solo lì può condurre. In un processo, per giunta, dove anche la componente emozionale è stata duramente colpita dall'introduzione del VAR. Allo stadio prima si esplodeva di gioia. Oggi si esulta due volte. Una prima per il gesto, cui segue - spesso - verifica e conferma. Quell'emozione liberatoria di chi, come il sottoscritto, ha vissuto fin da bambino la gioia di un gol, nelle nuove generazioni figlie del calcio col VAR non esiste più. E la componente emozionale è primaria nello sviluppo di un appassionato, di un consumatore del prodotto che tale resterà nel tempo.
    Per carità, la tecnologia - se la si estende alla goal-line technology o al fuorigioco semiautomatico - ha risolto tantissimi problemi, fatto chiarezza su molteplici episodi e portato un miglioramento oggettivo del gioco. Nessuno qui chiede un totale ritorno alle origini. Questo è pacifico. 

    Si è arrivati però al punto in cui limitare l'utilizzo 'dell'arbitraggio al replay' - il VAR, appunto - pare necessario più che auspicabile. Per il calcio. Altrimenti lo spirito originario del gioco sarà perso per sempre. E un futuro in mano a chi "si tuffa per rubacchiare e conquistare un giallo o un rigore, in una direzione che non c'entra niente col gioco", di un "calcio che sta diventando uno sport completamente diverso", citando ancora Gasperini, è un qualcosa cui oggettivamente stiamo andando incontro. Difficile, davvero, non essere d'accordo con il tecnico dell'Atalanta. 
     

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    no-regrets
    no-regrets

    Fazzoletti per lui. Ma come mai l'Atalanta spettacolo non era già 4-0? Come mai è stata presa a p...

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