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    Il calcio in Grecia, Moras a CM: "La grandezza di Atene è un problema. Olympiacos in casa dell'AEK, vinca lo sport"

    Il calcio in Grecia, Moras a CM: "La grandezza di Atene è un problema. Olympiacos in casa dell'AEK, vinca lo sport"

    • Federico Targetti
    Dalla Grecia all'Italia, poi di nuovo in Grecia, e in futuro, magari, ancora in Italia: attraversare il Mar Ionio ormai è una bazzecola per Vangelis Moras, allenatore dell'Ethnikos Neou Keramidiou e in passato protagonista da difensore in Serie A con le maglie di Bologna, Cesena, Verona e Bari. Calciomercato.com lo ha raggiunto al telefono perché, prima di battagliare con gli attaccanti italiani, ha vestito per quattro anni la maglia dell'AEK Atene, vivendo l'ambiente che ci prepariamo a respirare in occasione della finale di Conference League, che si giocherà proprio nel nuovo stadio dei gialloneri, l'Agia Sophia. 

    Vangelis, perdonaci ma prima di tutto dobbiamo partire dal Bologna in Champions.
    "Che bella cosa. Da quando è arrivato Saputo l'obiettivo è sempre stato arrivare in Europa, quest'anno sono andati anche oltre le aspettative senza prendere grandi nomi. Allora significa che tutti hanno svolto il proprio lavoro in maniera eccellente, allenatore, giocatori e dirigenza. Non servono tanti soldi o i campioni affermati per fare cose del genere, i giocatori si creano". 

    Va bene, veniamo a te. Come procede la tua carriera?
    "Oggi alleno, negli ultimi tre anni ho frequentato i corsi necessari. Ho cominciato in Serie C, vicino casa per fare pratica, è andato molto bene. Poi ho provato in Serie B (Apollon Larissa, ndr), ma la situazione non era delle migliori, per farvi capire non c'erano neanche i palloni. Sono tornato in terza divisione, alla squadra che alleno ora, e dalla lotta per la salvezza siamo arrivati secondi. Quest'anno stiamo lavorando bene, pur con un budget intorno ai 200mila euro, i ragazzi prendono uno stipendio normalissimo. Abbiamo vinto il campionato e la coppa di categoria, il prossimo anno saremo in seconda divisione con un paesino di 300 abitanti. Come i 300 spartani! (ride, ndr) Se ci pensiamo un po', abbiamo fatto un miracolo, con tutti giocatori della zona. Vediamo cosa riserva il futuro". 

    Forse un ritorno in Italia? 
    "L'anno scorso c'era stata la possibilità di allenare l'Under 18 del Verona, ma io vorrei arrivare in una Primavera o in una squadra di Serie B, mi interesserebbe molto". 

    Facciamo un passo indietro e arriviamo al 2003, l'anno del tuo approdo ad Atene.
    "L'AEK mi ha dato la possibilità di capire cosa significa essere in una squadra importante. Abbiamo fatto due anni in Champions e due in Coppa Uefa, l'esperienza mi ha reso più pronto a fare il salto in Italia. I tifosi amano molto la squadra, certe volte troppo dato quel che è successo nel tempo". 

    Ecco, appunto. Quanto sono forti le rivalità tra le tre big di Atene?
    "Tutte e tre le grandi squadre di Atene sono rivali, anche se in origine i rivali veri sono Olymiacos e Panathinaikos. Quelli dell'AEK si sentono un po' profughi, è una squadra che affonda le proprie radici in Turchia (Athlītikī Enōsis Kōnstantinoupoleōs, "Unione Atletica di Costantinopoli" è il significato dell'acronimo, ndr), e adesso che hanno la loro nuovissima casa sono in agitazione al pensiero che venga occupata dalla gente dell'Olympiacos. E' stata una sorpresa per tutti questa finale, sui social c'è un grande tam tam con quelli del Pireo che gongolano al pensiero di vincere in casa dei rivali. Spero solo che non succeda nulla di grave, intorno allo stadio Agia Sophia sono tutti dell'AEK e sarebbe la cosa peggiore di tutte se ci fossero problemi. Non ne abbiamo bisogno in Grecia". 

    Eppure il Governo ce la sta mettendo tutta per sedare gli animi. 
    "L'ultima stretta (la chiusura degli impianti al pubblico per due mesi, ndr) ha avuto il suo effetto, ma il problema vero è quello che succede al di fuori degli stadi. Ciò che accade dentro rientra nelle responsabilità delle società, ma la mia preoccupazione va all'esterno degli impianti. Dobbiamo tutti tifare per la squadra greca in finale, non c'è altra via". 

    E a parte le tre big, com'è il panorama calcistico nella Capitale e in Grecia?
    "Ad Atene ci sono sempre state le tre grandi, che si uniscono alle due di Salonicco, Paok e Aris, nell'Olimpo del calcio greco. Ultimamente l'AEK ha fatto un bel balzo in avanti proprio grazie al nuovo stadio, ma sotto troviamo un'altra categoria, inferiore. L'Atromitos è ben organizzato, tanto che non mi ricordo l'ultimo anno che ha fatto in Serie B. Poi troviamo squadre con pochi tifosi, perché ci sono molte formazioni storiche che non riescono a risalire". 

    A livello di giovanili invece? L'Olympiacos ha vinto anche la Youth League, un gran bel traguardo. 
    "Il problema di Atene è la sua grandezza. Diventa difficile curare gli stessi settori giovanili, non è semplice spostare tutti questi ragazzi. Poi il centro sportivo deve essere fuori città, ha bisogno di spazio. Tre, quattro squadre se ci mettiamo anche l'Atromitos lo fanno bene, ma al di fuori di esse non c'è la filosofia di costruire per portare i ragazzini su, a giocare. Il problema in Italia è dopo la Primavera, qua invece è che i settori giovanili vengono trascurati, le sovvenzioni Uefa in tanti casi vengono convogliate negli stipendi dei giocatori e non negli investimenti nei vivai. Sì, l'Olympiacos ha vinto la Youth League in finale contro il Milan e sta facendo un grande lavoro, ma non abbiamo le categorie inferiori. Atene è troppo grande, risucchia tutto e il resto del movimento non avanza. Adesso pure un po' meno, perché quando giocavo io c'erano 5/6 squadre in più tra prima e seconda divisione che erano tutte di Atene".

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