Ibra, più parafulmine che campione. E il Milan rischia di bruciare 70 milioni
Innanzitutto non ci convincono i tempi. Ibrahimovic ha impiegato molte settimane per dire sì al Milan, come se aspettasse un’offerta migliore, probabilmente più remunerativa: al di là delle chiacchiere e dei post su Instagram, siamo sicuri che abbia le motivazioni giuste oltre a quelle del denaro e della città, amata dalla moglie? Lascia perplessi anche il fatto che l’offensiva decisiva del club rossonero sia partita dopo il tracollo di Bergamo, quando serviva un parafulmine per proteggersi dalla comprensibile indignazione dei tifosi: chi meglio di Ibra per gettare fumo negli occhi della gente?
Ci domandiamo, poi, a cosa serva oggi Ibrahimovic: qual è l’obiettivo che il Milan può ancora raggiungere grazie a lui? Non la Champions, lontana 14 punti, e probabilmente nemmeno l’Europa League (il sesto posto, che non la garantisce, è distante 8 lunghezze, e per di più la società rossonera ha dimostrato di non tenere troppo a questa manifestazione già l’estate scorsa, quando ci ha rinunciato senza soffrirne troppo). L’unica competizione che il Milan può ancora affrontare con possibilità di successo è la Coppa Italia: possibile che Ibra sia stato preso per questo? Oppure per tenere lontano il terzultimo posto, che oggi è a 7 punti?
Ultimo dubbio: Piatek e Leao. Hanno deluso, è vero, ma sono costati complessivamente una settantina di milioni. Ebbene, con Ibra rischiano di bruciarsi in modo definitivo. Se lo svedese avesse potuto aiutare il Milan a inseguire un grande traguardo, magari la Champions, sarebbe stato un pericolo da correre, ma siamo sicuri che adesso ne valga la pena?
Tutto ciò, ovviamente, dando per scontato che Ibrahimovic sia ancora competitivo per il nostro campionato e che riesca a fare la differenza. E anche questo non è affatto sicuro.
@steagresti