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    Genoamania: la lezione atalantina da prendere ad esempio

    Genoamania: la lezione atalantina da prendere ad esempio

    • Marco Tripodi

    La sfida di domenica tra Genoa e Atalanta verrà ricordata come quella del ritorno di Gasperini da avversario nella Marassi rossoblu. Su questo argomento si è giustamente detto e scritto tanto e tanto ancora si dirà e si scriverà. Ma la gara tra liguri e lombardi non può essere ridotta semplicemente alla storiella dell'indimenticato maestro che dopo essere stato cacciato in malo modo dal preside, torna dai suoi vecchi discepoli da saggio affermato e mai abbastanza rimpianto.

     

    POLI OPPOSTI - C'è un'altra chiave di lettura che può fare da antipasto alla gara. Al Ferraris scenderanno infatti in campo l'assoluta sorpresa di questo campionato e la squadra che avrebbe potuto ambire a questo titolo e che viceversa si ritrova a recitare il ruolo della grande delusione del torneo.

     

    MIRACOLO A BERGAMO - A metà ottobre, ad un mese e mezzo dall'inizio della Serie A 2016-17, in pochissimi avrebbero scommesso sul fatto che sei mesi dopo gli orobici sarebbero stati la vera rivelazione dell'anno. L'avvio di stagione dei bergamaschi era stato letteralmente disastroso, con quattro sconfitte incassate nelle prime cinque partite. Ad altre latitudini la panchina del neo-tecnico atalantino Gasperini sarebbe saltata senza troppi riguardi, come lo stesso allenatore piemontese ha avuto modo di imparare sulla sua pelle in passato. Ma a Bergamo avevano un progetto a lungo termine e nessuna intenzione di smantellarlo dopo poche settimane. Una volta riottenuta la fiducia della società Gasp la ricambiò nel miglior modo possibile: non solo facendo volare la squadra ma addirittura valorizzandone il settore giovanile in maniera del tutto impensabile. Se oggi i club di tutt'Italia e di mezz'Europa fanno la corsa per arrivare a mettere le mani sui gioiellini usciti da Zingonia il merito è da ricercare in quelle settimane burrascose di fine estate.

     

    NAUFRAGIO A GENOVA - Nello stesso periodo, mentre a Bergamo impervesava la tempesta, nella Genova rossoblu il tempo era invece decisamente ottimo. L'addio del profeta Gasperini, l'artefice dell'epoca più florida del Grifone nel secondo dopoguerra, sembrava essere stato assorbito senza il minimo contraccolpo. Il suo erede naturale, Ivan Juric, aveva ripreso il discorso laddove era stato interrotto dal predecessore. Una partenza a razzo, coronata dalle vittorie esterne con Crotone e Bologna e dal prezioso pari di Marassi contro il Napoli, sembravano il preambolo ad una stagione di grosse soddisfazioni per il popolo rossoblu. La squadra giocava e correva e anche dopo qualche battuta d'arresto decisamente pesante, come il KO nel derby d'andata, mostrava di saper reagire asfaltando in casa prima il Milan e poi la Juve. Ma piano piano le energie dei rossoblu si andarono lentamente ad esaurirsi, fino a raggiungere l'attuale stato di morte apparente. Uno situazione figlia anche delle discutibili e discusse scelte operate da una dirigenza sempre più distante dal sentimento popolare.

     

    LEZIONE ATALANTINA - Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti. Da una parte c'è una società modello, che ha saputo uscire dalla crisi investendo nei suoi giovani e difendendo a spada tratta il proprio allenatore. Dall'altra vediamo un club divorato da debiti e polemiche, che annaspa nei fondali della classifica e guarda con preoccupazione al futuro.

    Insomma due realtà agli antipodi. Chissà che la vicinanza con i colleghi bergamaschi non possa portare consigli ai dirigenti rossoblu.

     

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