Genoa, Lazovic: 'Con Gasp ero in difficoltà, ora vedrete chi sono'
Darko Lazovic è uno dei protagonisti più positivi del Genoa di quest'anno. Dopo una stagione, la scorsa, abbastanza deludente, il laterale serbo sembra aver finalmente trovato la sua giusta dimensione con l'arrivo sulla panchina rossoblu di Ivan Juric: “Con Gasperini – racconta al Secolo XIX l'ex capitano della Stella Rossa - non ho mai avuto problemi, è stata una stagione non facile perché ero appena arrivato. Con Juric ho parlato ad inizio stagione, mi ha detto che voleva vedermi in allenamento durante il ritiro. Mi ha dato fiducia, ora gioco molto di più dell'anno scorso”.
Il cambio di allenatore ha comportato per Lazovic anche un nuovo modo di schierarsi in campo: “Ora gioco più indietro – spiega - parto da distante e così ho più possibilità di sfruttare lo spazio con la mia velocità per arrivare sul fondo a crossare. Certo devo anche difendere, un qualcosa di nuovo per me, anche se già l'anno scorso ero stato provato in questa posizione”.
In molti si sono meravigliati nell'assistere all'evoluzione del 26enne balcanico. Lui però ha sempre creduto in se stesso e anzi è convinto di poter fare anche meglio di quanto mostrato finora: “In estate avevo detto ai tifosi che non avevano ancora visto il vero Lazovic. Ora posso dire che l'hanno visto solo in parte, posso fare molto di più. Gioco di più e con più continuità. Anche l'anno scorso mi sono impegnato tanto ma era la prima stagione, dovevo adattarmi al nuovo modo di giocare”.
Tanti cross, molti vincenti, ma ancora nessun gol in questa prima parte di campionato per il numero 22 rossoblu. Il suo nome sul tabellino di gara è finora comparso solo nella gara con l'Empoli. Non nel modo che sperava però: “Ero molto triste – ricorda - perché non ero mai stato espulso. Anche di gialli ne ho sempre presi pochissimi. Una sensazione strana per me. Ero a terra perché sapevo di aver messo in difficoltà i miei compagni in una partita che dovevamo vincere”.
Figlio di operai della Serbia post-jugoslava, Lazovic sa bene che essere un professionista del pallone è un privilegio per pochi: “I miei genitori hanno lavorato per tanti anni in fabbrica a Cacak, la città in cui sono nato. So cosa significa lavorare e fare sacrifici, in Serbia la vita non è facile. Ho avuto la possibilità di fare della mia passione il mio lavoro, il più bello del mondo”.