Fonseca, lo sfogo di un uomo solo contraddetto dai fatti e abbandonato da tutti: non gli restano che i giovani
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Paulo Fonseca è il ritratto di un allenatore che, per quanto provi a dissimulare, si sente con le spalle al muro. La partita di domani sera contro l'Hellas Verona può rappresentare davvero l'ultima fermata del percorso del tecnico portoghese: un nuovo passo falso dopo lo 0-0 casalingo col Genoa e il rischio di perdere ulteriore terreno dalla zona Champions League possono far realmente precipitare la situazione. Al netto di un contratto triennale e di un progetto difeso a più riprese davanti a microfoni e telecamere, il gruppo di lavoro composto da Furlani, Moncada e Ibrahimovic potrebbe vedersi costretto a rinnegare la propria scelta per salvare una stagione che ha preso una china pericolosissima.
HELLAS VERONA-MILAN, DOVE VEDERLA IN TV
La conferenza stampa della vigilia della trasferta al “Bentegodi” è apparsa in molti passaggi come una dichiarazione manifesta delle grandi difficoltà che Fonseca si è trovato a fronteggiare in un'esperienza partita da subito in salita. Lo scetticismo dell'ambiente rossonero, che per mesi aveva coltivato l'idea che per il dopo Pioli potesse essere scelto un allenatore dal curriculum più importante, accompagnato dai primi inciampi in campionato ha fatto il resto. Nonostante il campo abbia proposto spesso e volentieri un Milan incapace di raggiungere un equilibrio nella singola prestazione, così come in termini di continuità e affidabilità sul lungo periodo, oggi il tecnico lusitano ha provato a difendere il proprio operato con frasi come: “La squadra è migliorata già in tante cose, è vero che i risultati non lo mostrano a volte. Ma qual è la partita in cui abbiamo avuto grossi problemi o in cui l'altra squadra è stata molto meglio finora? Non me ne ricordo, onestamente. Forse solo il Liverpool, in un solo tempo. Ma per le altre nessuna è stata meglio della nostra, hanno avuto altre cose che li hanno fatti vincere anche su nostri errori”.
MILAN, MORATA E' ANCORA KO: LE CONDIZIONI
Una difesa d'ufficio più che legittima, ma che si presta quanto meno a qualche obiezione. Le sofferenze indicibili al cospetto del Parma per larghi tratti della gara, il secondo tempo in apnea contro la Lazio all'Olimpico, i 60' sulla difensiva a Leverkusen, il Bruges a dettare legge nei primi 25 minuti della sfida di San Siro e in controllo almeno fino all'espulsione di Onyedika, il primo tempo di Monza, le insidiose folate del Cagliari a pochi giorni dall'impresa di Madrid e la ripresa arrembante dell'Atalanta e l'assenza di tiri in porta sul fronte rossonero nel recente confronto del Gewiss. Ci fermiamo qui, ma è già un numero sufficiente di esempi per ribattere alle argomentazioni di Fonseca. Perché si potrebbe abbozzare una replica anche sul passaggio relativo alle difficoltà del Milan che, a suo dire, sarebbero soltanto di natura psicologica e non tattica. Quando la ripetitività di certe situazioni che mandano sistematicamente in difficoltà la sua squadra – spesse volte spaccata in due e costretta a concedere campo agli avversari – direbbe altro.
MILAN, CAMARDA ANCORA FUORI: COME CAMBIA LA SUA GESTIONE
Il problema principale è che lo sfogo di Fonseca va compreso e in qualche modo giustificato e accettato, perché manifesta quelle che sono tutti gli imbarazzi di un allenatore che, nel momento di massima difficoltà, si è sentito abbandonato da tutti quelli che gli stanno attorno. In primis da un gruppo di calciatori col quale la sintonia è apparsa debole sin dal principio. Tra esclusioni punitive nei confronti di big o presunti leader che non si sono mai eretti a baluardi del gruppo - e che sono stati i primi a delegittimarne la figura, approfittando del vuoto di potere in seno al club rossonero alimentato dalla presenza impercettibile della società – e dichiarazioni nei post-partita molte volte in senso completamente opposto a quanto affermato dall'allenatore. La sequenza di infortuni delle ultime settimane ha poi complicato ulteriormente il lavoro di Fonseca che, ad un passo dal baratro, è costretto ad affidarsi ai giovanissimi. Da Jimenez a Liberali, passando per Camarda (verosimilmente a gara in corso) e forse qualcun altro ancora. La mossa disperata per ribaltare un destino che sembra ampiamente scritto.
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La conferenza stampa della vigilia della trasferta al “Bentegodi” è apparsa in molti passaggi come una dichiarazione manifesta delle grandi difficoltà che Fonseca si è trovato a fronteggiare in un'esperienza partita da subito in salita. Lo scetticismo dell'ambiente rossonero, che per mesi aveva coltivato l'idea che per il dopo Pioli potesse essere scelto un allenatore dal curriculum più importante, accompagnato dai primi inciampi in campionato ha fatto il resto. Nonostante il campo abbia proposto spesso e volentieri un Milan incapace di raggiungere un equilibrio nella singola prestazione, così come in termini di continuità e affidabilità sul lungo periodo, oggi il tecnico lusitano ha provato a difendere il proprio operato con frasi come: “La squadra è migliorata già in tante cose, è vero che i risultati non lo mostrano a volte. Ma qual è la partita in cui abbiamo avuto grossi problemi o in cui l'altra squadra è stata molto meglio finora? Non me ne ricordo, onestamente. Forse solo il Liverpool, in un solo tempo. Ma per le altre nessuna è stata meglio della nostra, hanno avuto altre cose che li hanno fatti vincere anche su nostri errori”.
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Una difesa d'ufficio più che legittima, ma che si presta quanto meno a qualche obiezione. Le sofferenze indicibili al cospetto del Parma per larghi tratti della gara, il secondo tempo in apnea contro la Lazio all'Olimpico, i 60' sulla difensiva a Leverkusen, il Bruges a dettare legge nei primi 25 minuti della sfida di San Siro e in controllo almeno fino all'espulsione di Onyedika, il primo tempo di Monza, le insidiose folate del Cagliari a pochi giorni dall'impresa di Madrid e la ripresa arrembante dell'Atalanta e l'assenza di tiri in porta sul fronte rossonero nel recente confronto del Gewiss. Ci fermiamo qui, ma è già un numero sufficiente di esempi per ribattere alle argomentazioni di Fonseca. Perché si potrebbe abbozzare una replica anche sul passaggio relativo alle difficoltà del Milan che, a suo dire, sarebbero soltanto di natura psicologica e non tattica. Quando la ripetitività di certe situazioni che mandano sistematicamente in difficoltà la sua squadra – spesse volte spaccata in due e costretta a concedere campo agli avversari – direbbe altro.
MILAN, CAMARDA ANCORA FUORI: COME CAMBIA LA SUA GESTIONE
Il problema principale è che lo sfogo di Fonseca va compreso e in qualche modo giustificato e accettato, perché manifesta quelle che sono tutti gli imbarazzi di un allenatore che, nel momento di massima difficoltà, si è sentito abbandonato da tutti quelli che gli stanno attorno. In primis da un gruppo di calciatori col quale la sintonia è apparsa debole sin dal principio. Tra esclusioni punitive nei confronti di big o presunti leader che non si sono mai eretti a baluardi del gruppo - e che sono stati i primi a delegittimarne la figura, approfittando del vuoto di potere in seno al club rossonero alimentato dalla presenza impercettibile della società – e dichiarazioni nei post-partita molte volte in senso completamente opposto a quanto affermato dall'allenatore. La sequenza di infortuni delle ultime settimane ha poi complicato ulteriormente il lavoro di Fonseca che, ad un passo dal baratro, è costretto ad affidarsi ai giovanissimi. Da Jimenez a Liberali, passando per Camarda (verosimilmente a gara in corso) e forse qualcun altro ancora. La mossa disperata per ribaltare un destino che sembra ampiamente scritto.
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Commenti
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Potesse tornare indietro di certo resterebbe ad allenare il LIlle; c'è poco da fare gente se non...