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Ex Como, Varane: "Il calcio è fatto per giocatori che non pensino e si facciano ingannare. I nuovi allenatori uccidono la creatività"
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Sono trascorse tre settimane dall'annuncio ufficiale del suo ritiro dal calcio, dopo una carriera ricca di successi sia a livello di club che con la nazionale francese. L'ultima suggestiva avventura di Raphael Varane, quella nell'ambizioso Como di Cesc Fabregas, si è conclusa ancora prima di iniziare: l'infortunio al ginocchio subito dopo pochi minuti dall'esordio, in Coppa Italia contro la Sampdoria, è stata la goccia che lo ha indotto a dire basta, all'età di 31 anni, dopo aver vissuto nelle ultime stagioni il problema di convivere con qualche acciacco di troppo.
Ma dietro una decisione così drastica c'è dell'altro ed è stato lo stesso Varane a spiegarlo in una lunga ed interessantissima intervista all'Equipe. Nella quale l'ex giocatore di Lens, Real Madrid e Manchester United ha toccato diversi punti e ha soprattutto rivolto pesanti critiche al calcio di oggi: “Non è corretto dire che mi sono sentito tradito. Il problema è che tutto il sistema è costruito affinché il giocatore non pensi e non veda che viene ingannato. Quando hai un po' di esperienza, vedi il gioco, i fili, e allora hai la possibilità di farti ingannare, di firmare per la tranquillità. Voi fate i vostri imbrogli che io mi concentro sul gioco e sulla mia famiglia. Oppure non sei d'accordo, perché questo mondo ti porta via tante energie. Non voglio dire troppo, ma è importante sapere che il calcio è un'industria particolare”.
A proposito delle problematiche del calcio di oggi, Varane si è espresso così dalle colonne dell'Equipe: “Tu sei un giocatore e, oltre a questo, sei un'azienda da gestire e sei obbligato a delegare. Ho cambiato entourage più volte, ho dovuto mettere delle barriere tra me e le persone vicine e quelle che dall'esterno volevano approcciarmi. Nei centri di formazione, non ti insegnano come cambiare il tuo stato sociale, come gestire i tuoi cambiamenti di vita col tuo entourage. Ho visto moltissime carriere che non sono decollate e di famiglie implose. Da molto giovane ho dovuto fare delle scelte forti, ho avuto la fortuna di avere mio fratello vicino, ma il calcio di oggi deve cambiare ancora molto e deve migliorare. Mi piacerebbe poter dare una mano sui calendari, i problemi psicologici e il tema della salute mentale. Un altro problema è quello dei conflitti di interesse e i calciatori che sono al centro di tutto”.
Il discorso si sposta infine sull'aspetto tecnico e su cosa sta rendendo oggi il gioco meno attrattivo: “Il calcio di oggi ha meno creatività, non ci sono più tanti geni in campo. C'è sempre più spazio per i calciatori dal grande fisico e meno per quelli che creano squilibri, c'è sempre più considerazione per quelli che sono sullo stesso livello a discapito di quelli che sulle fasce puntano agli uno contro uno. Tutto è robotizzato, ci sono degli schemi di gioco che rendono difficile di creare l'effetto sorpresa. C'è molta meno libertà. Ancelotti è di uno di quegli allenatori che te ne lascia, quelli della nuova generazione meno. Il calcio dovrebbe rimanere un gioco di errori e oggi ce ne sono di meno”.
Ma dietro una decisione così drastica c'è dell'altro ed è stato lo stesso Varane a spiegarlo in una lunga ed interessantissima intervista all'Equipe. Nella quale l'ex giocatore di Lens, Real Madrid e Manchester United ha toccato diversi punti e ha soprattutto rivolto pesanti critiche al calcio di oggi: “Non è corretto dire che mi sono sentito tradito. Il problema è che tutto il sistema è costruito affinché il giocatore non pensi e non veda che viene ingannato. Quando hai un po' di esperienza, vedi il gioco, i fili, e allora hai la possibilità di farti ingannare, di firmare per la tranquillità. Voi fate i vostri imbrogli che io mi concentro sul gioco e sulla mia famiglia. Oppure non sei d'accordo, perché questo mondo ti porta via tante energie. Non voglio dire troppo, ma è importante sapere che il calcio è un'industria particolare”.
A proposito delle problematiche del calcio di oggi, Varane si è espresso così dalle colonne dell'Equipe: “Tu sei un giocatore e, oltre a questo, sei un'azienda da gestire e sei obbligato a delegare. Ho cambiato entourage più volte, ho dovuto mettere delle barriere tra me e le persone vicine e quelle che dall'esterno volevano approcciarmi. Nei centri di formazione, non ti insegnano come cambiare il tuo stato sociale, come gestire i tuoi cambiamenti di vita col tuo entourage. Ho visto moltissime carriere che non sono decollate e di famiglie implose. Da molto giovane ho dovuto fare delle scelte forti, ho avuto la fortuna di avere mio fratello vicino, ma il calcio di oggi deve cambiare ancora molto e deve migliorare. Mi piacerebbe poter dare una mano sui calendari, i problemi psicologici e il tema della salute mentale. Un altro problema è quello dei conflitti di interesse e i calciatori che sono al centro di tutto”.
Il discorso si sposta infine sull'aspetto tecnico e su cosa sta rendendo oggi il gioco meno attrattivo: “Il calcio di oggi ha meno creatività, non ci sono più tanti geni in campo. C'è sempre più spazio per i calciatori dal grande fisico e meno per quelli che creano squilibri, c'è sempre più considerazione per quelli che sono sullo stesso livello a discapito di quelli che sulle fasce puntano agli uno contro uno. Tutto è robotizzato, ci sono degli schemi di gioco che rendono difficile di creare l'effetto sorpresa. C'è molta meno libertà. Ancelotti è di uno di quegli allenatori che te ne lascia, quelli della nuova generazione meno. Il calcio dovrebbe rimanere un gioco di errori e oggi ce ne sono di meno”.