AFP via Getty Images
Col ritorno di Ibra, ora il Milan ha qualcuno che può decidere il futuro di Pioli
Quesiti cui darà rapidamente risposta il tempo, fra tanti dubbi c’è però finalmente una certezza: nel Milan c’è di nuovo qualcuno che capisce di calcio e non solo di soldi. E lasciamo perdere Moncada, promosso da scout a dirigente solo per la presunzione di Furlani & C.
Ibra non colma il vuoto lasciato da Maldini, i cui compiti erano ampi, conosciuti e definiti e con già l’esperienza al nuovo ruolo. Ibra potrebbe suggerire nuovi giocatori o un nuovo gioco, di certo Ibra può dire a Cardinale quando sarà il momento di licenziare Pioli e con chi sostituirlo. Fino a ieri chi mai poteva farlo, se non al rischio di fare col rattoppo più danni che col buco?
Quel sottopancia, “senior advisor della proprietà” è al momento appunto una supercazzola. Dice tutto e vale niente. Di sicuro sarebbe strano che uno come Ibra si facesse usare dai padroni del Milan, come una semplice bandiera. C’è già Baresi in quel ruolo, anche se nessuno se ne accorge. Ibra avrà un tornaconto, e non sarà solo un ingaggio, e anche un ruolo operativo, resta da vedere quanto. E quanta voglia avrà di impegnarcisi.
Ibra torna quando ha deciso di tornare, ha lasciato il Milan in attesa per tre mesi e ha finalmente detto sì nel momento di minima in campionato e alla vigilia del redde rationem in Champions League. La proprietà inneggia al suo ingaggio come a una vittoria, ben sapendo che invece null’altro è se non una sconfitta, la sottolineatura con la matita blu dell’errore fatto a giugno, la storia nel cassetto, salvo oggi tirare fuori l’ultimo totem, sperando che basti.
L’Ibra-ter avrà successo come le due esperienze precedenti? Gli avessero direttamente affidato la squadra, con l’impegno di essere ogni giorno sul campo negli spogliatoi, con un “vero” allenatore al fianco, magari il suo amico Abate, nessun dubbio che avrebbe funzionato. E chissà, magari l’annuncio di oggi è solo propedeutico a un altro. Pochi dubbi di successo in più se Ibra fosse diventato l’uomo-mercato: poca esperienza per trattare, ma grandi rapporti e grande conoscenza, di certo lui non avrebbe mai speso 120 milioni scordandosi di acquistare un centravanti e un difensore, altro che Chukwueze o Pellegrino.
@GianniVisnadi