Calciopoli, Gazzoni choc: 'Ho vinto, Agnelli e Della Valle datemi 110 milioni'
Degli ottant’anni che Giuseppe Gazzoni compie oggi, gli ultimi dieci li ha passati in trincea. Prima si è difeso, ma da qualche mese è passato al contrattacco. Calcio all’italiana, appunto. Come Calciopoli, che nel 2005 costò al Bologna la retrocessione e al suo presidente il default e l’accusa di bancarotta fraudolenta (assolto in primo grado, per la cronaca). «Sono stati anni di paure, di rinunce e di umiliazioni, di gente che si voltava dall’altra parte», racconta Gazzoni, assistito dall’avvocato Sacchi Morsiani. Anni bui per il re Sole (dalla famosa pasticca) dell’imprenditoria italiana.
Fino al 24 marzo di quest’anno, quando la sentenza della Cassazione ha reso possibili i ricorsi civili nei confronti di Juve e Fiorentina, di Giraudo e Moggi, dei fratelli Della Valle, di Sandro Mencucci, amministratore dei viola e dell’arbitro De Santis.
A loro era già pervenuta la richiesta di risarcimento dei danni per 32 milioni avanzata da Victoria, la finanziaria che alimentava il Bologna. Da martedì scorso i ‘condannati’ hanno sulla scrivania le ulteriori e definitive richieste di Gazzoni.
Eccole, in viva voce: «Ho aggiunto 17 milioni di danni personali, 17 anche per il dissesto della finanziaria di famiglia, la GGF. E altri 15 per aver dovuto cedere a un solo euro, insieme al Bologna, anche la finanziaria che si occupava degli aspetti immobiliari legati allo sviluppo del club. Poi ci sono i 32 già chiesti da Victoria e il totale sarebbe 81. Ma a questi vanno aggiunti 13 milioni di svalutazione e 19 di interessi. La cifra complessiva è di 113 milioni e 628 mila euro». Un’altra richiesta di risarcimento da 68 milioni (90 con interessi e svalutazione) è stata avanzata dall’Atalanta, mentre Brescia e Lecce si sono ritirate dalla ‘partita’.
Gazzoni, la cifra complessiva degli eventuali risarcimenti è spaventosa. Se i giudici la considerassero equa, Juve e Fiorentina dovrebbero rivedere i loro progetti.
«Spaventoso è stato anche ascoltare le registrazioni degli imputati. Spaventoso è stato leggere che la Cassazione ha descritto alcuni protagonisti come competitori sleali».
La sua intransigenza è comprensibile. Ma è anche disposto a transare?
«Non mi aspetto nulla. Molte cause risarcitorie finiscono in transazione. Ne posso accettare una che oscilli fra un terzo e la metà della cifra complessiva richiesta. Di meno sarebbe elemosina».
Tanti denari aiutano a chiudere la ferite?
«No. Fui chiamato pubblicamente ‘fallito’ e nei bar sotto casa qualcuno faceva fatica a salutarmi. Ho vissuto nell’ansia per lungo tempo poi, poco per volta, sono arrivate le riabilitazioni morali. Ora, credo di avere diritto anche al risarcimento. Per essere preciso: il denaro non rimargina le ferite, ma non è il peggior balsamo in commercio».
Come sono ripartite le sue richieste?
«Sarà il giudice a stabilire se la cifra complessiva è corretta ed, eventualmente, a obbligare i colpevoli di Calciopoli al risarcimento. Dopodiché toccherà a loro trovare un accordo per liquidarmi».
Quando entrò in trincea disse che non sapeva se avrebbe visto la fine di questa storia. Ora, se non altro, lo scenario è chiaro.
«Confermo ciò che dissi nel 2006: ho ottant’anni e non la certezza che quest’ultimo sia un passaggio celere».
Intanto si legge che la Juve, già ‘avvertita’ da lei e dall’Atalanta, non avrebbe accantonato neppure un euro per far fronte a queste spese.
«Credo che Agnelli abbia spiegato ai soci di non averlo fatto perché nessuno è in grado di quantificare la cifra da accantonare. Questo, comunque, non è un problema mio, anche se desta un certo stupore che abbiano stanziato zero, pur avendo già avuto le richieste di Victoria e di Atalanta».
Pare un segno di sicurezza.
«Mi posso augurare solo che il loro sia un eccesso di sicurezza».
Preferirebbe vincere la causa di ‘Victoria’ o quella personale?
«Preferirei fare ambo. Dietro a Victoria esistevano soci che usavano quel capitale solo e soltanto per finanziare il Bologna. Le vicissitudini familiari furono causate dall’effetto domino. Una causa è la diretta conseguenza dell’altra».
Lei potrebbe costare più di quanto vale Pogba.
«E lei mi dica quanto costano dieci anni di vita messa a soqquadro, di beni di famiglia svenduti per far fronte alle richieste pressanti dei giudici del ‘fallimentare’, di ironia a buon mercato subita da chi, leggo la sentenza definitiva, si è comportato in modo sleale».
Fino al 24 marzo di quest’anno, quando la sentenza della Cassazione ha reso possibili i ricorsi civili nei confronti di Juve e Fiorentina, di Giraudo e Moggi, dei fratelli Della Valle, di Sandro Mencucci, amministratore dei viola e dell’arbitro De Santis.
A loro era già pervenuta la richiesta di risarcimento dei danni per 32 milioni avanzata da Victoria, la finanziaria che alimentava il Bologna. Da martedì scorso i ‘condannati’ hanno sulla scrivania le ulteriori e definitive richieste di Gazzoni.
Eccole, in viva voce: «Ho aggiunto 17 milioni di danni personali, 17 anche per il dissesto della finanziaria di famiglia, la GGF. E altri 15 per aver dovuto cedere a un solo euro, insieme al Bologna, anche la finanziaria che si occupava degli aspetti immobiliari legati allo sviluppo del club. Poi ci sono i 32 già chiesti da Victoria e il totale sarebbe 81. Ma a questi vanno aggiunti 13 milioni di svalutazione e 19 di interessi. La cifra complessiva è di 113 milioni e 628 mila euro». Un’altra richiesta di risarcimento da 68 milioni (90 con interessi e svalutazione) è stata avanzata dall’Atalanta, mentre Brescia e Lecce si sono ritirate dalla ‘partita’.
Gazzoni, la cifra complessiva degli eventuali risarcimenti è spaventosa. Se i giudici la considerassero equa, Juve e Fiorentina dovrebbero rivedere i loro progetti.
«Spaventoso è stato anche ascoltare le registrazioni degli imputati. Spaventoso è stato leggere che la Cassazione ha descritto alcuni protagonisti come competitori sleali».
La sua intransigenza è comprensibile. Ma è anche disposto a transare?
«Non mi aspetto nulla. Molte cause risarcitorie finiscono in transazione. Ne posso accettare una che oscilli fra un terzo e la metà della cifra complessiva richiesta. Di meno sarebbe elemosina».
Tanti denari aiutano a chiudere la ferite?
«No. Fui chiamato pubblicamente ‘fallito’ e nei bar sotto casa qualcuno faceva fatica a salutarmi. Ho vissuto nell’ansia per lungo tempo poi, poco per volta, sono arrivate le riabilitazioni morali. Ora, credo di avere diritto anche al risarcimento. Per essere preciso: il denaro non rimargina le ferite, ma non è il peggior balsamo in commercio».
Come sono ripartite le sue richieste?
«Sarà il giudice a stabilire se la cifra complessiva è corretta ed, eventualmente, a obbligare i colpevoli di Calciopoli al risarcimento. Dopodiché toccherà a loro trovare un accordo per liquidarmi».
Quando entrò in trincea disse che non sapeva se avrebbe visto la fine di questa storia. Ora, se non altro, lo scenario è chiaro.
«Confermo ciò che dissi nel 2006: ho ottant’anni e non la certezza che quest’ultimo sia un passaggio celere».
Intanto si legge che la Juve, già ‘avvertita’ da lei e dall’Atalanta, non avrebbe accantonato neppure un euro per far fronte a queste spese.
«Credo che Agnelli abbia spiegato ai soci di non averlo fatto perché nessuno è in grado di quantificare la cifra da accantonare. Questo, comunque, non è un problema mio, anche se desta un certo stupore che abbiano stanziato zero, pur avendo già avuto le richieste di Victoria e di Atalanta».
Pare un segno di sicurezza.
«Mi posso augurare solo che il loro sia un eccesso di sicurezza».
Preferirebbe vincere la causa di ‘Victoria’ o quella personale?
«Preferirei fare ambo. Dietro a Victoria esistevano soci che usavano quel capitale solo e soltanto per finanziare il Bologna. Le vicissitudini familiari furono causate dall’effetto domino. Una causa è la diretta conseguenza dell’altra».
Lei potrebbe costare più di quanto vale Pogba.
«E lei mi dica quanto costano dieci anni di vita messa a soqquadro, di beni di famiglia svenduti per far fronte alle richieste pressanti dei giudici del ‘fallimentare’, di ironia a buon mercato subita da chi, leggo la sentenza definitiva, si è comportato in modo sleale».