Bucciantini: 'Scusi, sa dov'è il gol?'
Difendersi bene, difendersi sodo è una buona e conservativa idea. Le cose cambieranno, alcuni attacchi cominceranno a girare meglio, quel dato iniziale così sproporzionato alle abitudini si corromperà ma l’indicazione è da considerare. Anche in modo ambivalente: c’è una riscoperta delle difese (complessivamente del gioco o della fase difensiva) e c’è l’impaccio di molti attaccanti, o più compiutamente l’involuzione di alcune manovre d’attacco, per carenze d’organico, per stanca ripetizione, per mancanza di amalgama, per scelte tattiche da rinfrescare…ognuno peschi la giustificazione consona. Fiorentina e Lazio possono spenderne qualcuna, compreso quella della sfortuna, tanto per citare due squadre che sembrano penalizzate dal divario fra quanto prodotto per controllare i match e quanto invece diventa poi squisitamente gioco d’attacco, fluidità nell’avvicinare la porta, occasioni limpide per segnare. In questo avvio, entrambe hanno lasciato intatte quelle che nello scorso torneo furono le porte avversarie preferite: il Genoa, che dai viola subì 8 reti (e 5 ne restituì), e l’Udinese, che la Lazio batté qui e là, rifilando 5 reti (così come ad altre tre squadre). Le statistiche delle partite non sono cambiate (possesso palle, tiri in porta, pressione nella varie zone del campo), eppure mancano i gol. Nel caso della Fiorentina, ci si può allargare anche alla recentissima partita con il Sassuolo. Per entrambe c’è una difficoltà evidente nel cambiare passo all’azione. Nel servire e coinvolgere il centravanti, chiunque sia. Nel provocare turbamenti ai difensori avversari, e distanziarli l’un l’altro, e chiamarli al lavoro in zone meno facili da difendere. Fiorentina e Lazio non faticano a occupare il campo a piacimento, ma da questo “dominio” territoriale non cavano fuori né pericolosità né arrembaggio. Eppure, i giocatori per confondere in vario modo le difese avversarie ci sono: Cuadrado, Ilicic, Joaquin, Borja per Montella, e Candreva, Keita, Anderson – almeno palla a terra – per Pioli. Tutti, per ora, ancora poco mobili (soprattutto i viola) quando non c’è la palla accanto al piede, così da facilitare le marcature, e lo stallo dell’azione che tanto giova all’organizzazione difensiva. Anche se poi gente come Cuadrado e Keita è in grado di sconquassare tutto e tutti, intanto si è perso un tempo di gioco importante per arrivare dal centravanti. E per favorire l’inserimento degli interni: i gol di Parolo e Candreva (e anche Mauri) sono decisivi per la Lazio, e da quelli è passata l’unica vittoria per ora in campionato. Anche la Fiorentina ha segnato solo con i centrocampisti, anzi, basta il singolare: ha segnato solo Kurtic, a Bergamo, nell’unica volta che un centrocampista (Mati) s’azzardò a giocare la palla verso il limite nel primo passaggio: invece che al centravanti, finì all’incursore che comunque riuscì ad attaccare in velocità la palla e la difesa.
È faticoso il campionato per due squadre che per ora non sono riuscite a far segnare i loro attaccanti puri. Ma la difficoltà segnare è diffusa: sono 11 le squadre che non superano il gol di media a partita. Anche questo dato è disarmonico rispetto agli usi, solitamente sono solo 3-4 derelitte squadre così avide da far soffrire i tifosi. E anche per i gol da fare è onesto aspettare qualche partita in più prima di sentenziare. Ma è ipocrita non vedere come in molte squadre manchi spavalderia e destrezza e velocità e intensità nella fase decisiva dell’azione, che è la cifra più evidente di molte partite dei campionati esteri. Manca all’appello l’isola di Zeman, magari arriverà. Il Milan sta cercando di darsi coraggio, ma non è un atteggiamento che trova convinti sostenitori, nemmeno da quelle parti, figuriamoci emuli. Eppure serve più coraggio, fin dal primo passaggio, anzi, fin dall’idea di recupero del pallone: proprio nell’ultimo match dei rossoneri, l’Empoli aggrediva alto, con molti uomini, e il recupero palla si trasformava subito in contrattacco pericoloso. Un gioco dispendioso per chi lo pratica, ma anche per chi lo subisce. Questa voglia di calcio dovrebbe animare più squadre, e connotarle: perso il marchio-Zeman, afflosciato il marchio-Montella (ma ha il credito aperto), salutato con piacere il marchio-Sarri, e sperando che Inzaghi non si disperda in troppi consigli, sarebbe bello lasciarsi sorprendere da qualche esteta, se ancora ne girano: siamo pronti alle adozioni.
Questa ritrosia, questo passo lento che sembra attanagliare molte squadre ridimensiona anche il dato difensivo, che è virtuoso per le due di testa, robuste senza compromettere i piani d’attacco, equilibrate come se fossero tenute in campo da una “livella”, ed è invece più speculare in altri contesti. Può essere salubre per la classifica, si è visto. Ma nasconde (male) l’inefficacia di molte manovre: abbiamo bisogno di gol e di assalti convincenti per misurare anche la bontà di certe difese e anche per qualificare il campionato di Juventus e Roma, e prepararle alle insidie europee.