Borioni: Serie A folle, 'aboliti' gli 0-0
È un campionato ancora indefinibile, senza padroni e anche senza limiti, ancora aperto a tutte le soluzioni. C’è chi continua a sostenere che l’incertezza generale, se da un lato riserva sorprese e tiene alto il livello di attenzione degli spettatori, dall’altro è sintomo della minore affidabilità dei presunti protagonisti, quindi di un abbassamento generale del livello qualitativo medio. In altre parole, meno fuoriclasse ci sono, più si allarga il fronte della competizione, ma non è detto che sia un bene.
Comunque i dati si ostinano a dimostrare gli aspetti positivi di questo avvio di stagione effervescente. Spicca la scomparsa pressoché totale degli 0-0. L’unico pareggio senza reti è scaturito alla quinta giornata da Carpi-Napoli, come sappiamo un risultato dovuto a cause contingenti: oggi gli emiliani hanno già cambiato allenatore e i campani hanno già cominciato a celebrare le gesta di Sarri.
Ma il fatto che le gare siano sempre combattute e ricche di gol non fa altro che confermare la tendenza generale che vede i tecnici maggiormente attenti alla qualità del gioco. Anni e anni di recessione del calcio italiano nelle classifiche Uefa hanno pian piano prodotto un vasto movimento alternativo, finalmente allineato sulla ricerca del bel gioco. E non solo nella cura del lavoro con la squadra ma anche nell’atteggiamento verso i media. Sarri e Sousa, i leader del momento, espongono le loro idee con studiata pacatezza, non incappano in isterisimi con le intervistatrici di turno.
Aria nuova. Si è sempre detto però che in Italia il bel gioco lo possono perseguire solo le squadre di medio-alta classifica perché le grandi – per le quali vale la regola che vincere è ciò che conta – hanno meno tempo per filosofeggiare, cioè vivono l’attimo cogliendo al volo le prodezze dei campioni di cui dispongono. Oggi però questi valori si sono avvicinati. La Juve ha perso Tevez-Vidal-Pirlo in un colpo solo e avrà bisogno di tempo per ovviare con i suoi talenti in crescita. Ma la Fiorentina, nel contempo, ha trovato in Sousa uno splendido stratega capace di sviluppare con accorgimenti tattici d’avanguardia e una gestione attenta e matura tutto il lavoro che nel tempo era stato portato avanti da Montella, un altro tecnico attento all’estetica del calcio. Il Milan fa i conti con le ormai storiche contraddizioni societarie, mentre Sarri sta trapiantando nella struttura già solida del Napoli la sua visione di calcio cooperativo e funzionale. L’Inter di Mancini ha fatto una scelta consapevole e in controtendenza privilegiando la forza rispetto a tutto il resto: per questo alternerà momenti di efficienza ad altri di involuzione. La Roma aspetta sempre di raccogliere i frutti di un potenziale al top da almeno tre anni a questa parte, invece la Lazio – al contrario – ogni volta si conferma affidabile e regolare. E tutto questo mentre Torino, Samp, Chievo e Sassuolo promettono di vivere numerosi momenti di gloria. Che andranno a discapito delle presunte grandi.
Così si spiega il campionato folle e affascinante che stiamo attraversando, con un ulteriore segnale ancora timido ma che fa ben sperare: forse è un cambio generazionale, un sussulto culturale che avvicina il calcio italiano all’Europa. Compresa l’assenza fin qui di incidenti tra tifoserie, ma questo va detto sottovoce.
Luca Borioni