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Borioni: Mancini fa come Mourinho
Eppure questa volta sembra tutto diverso. Roberto Mancini che prende bruscamente posizione sull’episodio dell’espulsione di Nagatomo lancia a modo suo – discutibile se vogliamo - un segnale comunque forte. Sembra dire che la sua Inter, in un modo o nell’altro, è tornata protagonista e che, in un modo o nell’altro, lo sarà fino in fondo.
Inutile scandalizzarsi troppo per il maltrattamento in diretta Mediaset dell’elegante Di Marco, ex direttore di gara ora commentatore in studio. Non voglio dire che Mancini mi sia piaciuto nell’occasione, tutt’altro, ma da che mondo è mondo nel calcio italiano chi è consapevole di avere la forza giusta per vincere fa così: usa le maniere forti per affermare il proprio ruolo di leader.
Premesso che Mancini non è Sarri e neppure Sousa, ovvero non è un esponente della nouvelle vogue (benvenuta!) degli allenatori equilibrati e stilosi, nonché esteti delle parole equilibrate e del bel gioco. Mancini appartiene alla vecchia scuola, quella di Capello (peraltro, non un suo amico), di un calcio concreto e reale, solido, fisico e quando serve prepotente. La sfuriata contro l’espulsione decretata da Orsato l’altra sera si basa comunque sulla forte consapevolezza di non aver demeritato nello scontro al vertice del San Paolo, se è vero che la partita ha mostrato un’Inter forse addirittura più squadra (nonostante l’inferiorità numerica) del Napoli e nonostante il ciclone Higuain che, alla resa dei conti, ha spostato gli equilbri in maniera così evidente da poter pensare che con quel centravanti a parti invertite la squadra nerazzurra avrebbe probabilmente avuto la meglio.
Questo senza nulla togliere al bellissimo Napoli di Sarri, che giustamente ha fatto notare come – escludendo gli ultimissimi minuti della partita con gli attacchi forsennati degli ospiti – il conteggio delle occasioni da gol sia stato a favore della sua squadra.
Mancini però digrigna i denti e trasforma la sconfitta dell’Inter in una presa di coscienza fondamentale. Dal match di Napoli esce una squadra più solida e del tutto consapevole di poter puntare allo scudetto. Il risultato conta e detronizza l’Inter dalla testa della classifica, ma non incide sulle motivazioni, perché la contestata esclusione di Nagatomo autorizza il gruppo a sentirsi arrabbiato, feroce, più determinato.
Non faceva così anche un certo Mourinho?
Luca Borioni