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Borioni: esiste la telecronaca perfetta?
La critica su web è immediata e implacabile, ma il problema è antico. Anche quando le partite le trasmetteva sempre e solo la Rai (e non c’erano quindi altri possibili termini di paragone), l’onda del malcontento saliva tra gli spettatori di fronte a un tono sbagliato o a una parola azzardata. Eppure ai tempi esisteva una scuola, con maestri che esprimevano valori alti sotto il profilo della cultura e della preparazione, da Martellini a Pizzul.
Ma esiste la telecronaca perfetta? O, almeno, gredevole? Esiste qualcuno capace di non enfatizzare troppo un termine tecnico e di pronunciare con naturalezza un nome straniero, dosando con equilibrio le parole, il racconto, l’urlo celebrativo sui gol? Senza cadenze, senza tifo (se possibile) e con il giusto ritmo...
I tempi sono cambiati, ora sul campo delle telecronache si sfidano principalmente in tre: Sky, Mediaset e Rai. Quest’ultima è rimasta condizionata da quel modello divenuto vetusto non ancora trasformato in qualcosa di nuovo. Nell’ultimo periodo le dirette più importanti, ad esempio della Nazionale, sono state affidate a nuovi e giovani interpreti, più attenti al dettaglio, più preparati, eppure non ancora apprezzati dalla platea, non abbastanza equilibrati, troppo attratti dall’enfasi delle pronunce inglesi o dalle "letture del gioco". Mediaset ha cercato di avvicinarsi a Sky piazzando autentici colpi da calciomercato per strappare direttamente ai concorrenti alcuni interpreti di qualità, fatto questo che ha evidenziato la differenza di stile al suo interno tra i nuovi, appunto, e i telecronisti classici, quelli legati al gergo delle "sciabolate" e del "mucchio selvaggio". Sky ha mantenuto i suoi standard, senza però riuscire a trovare vere strade alternative all’urlo istituzionalizzato, alla professionalità che a volte risulta eccessiva e produce l’effetto "primo della classe" che non ispira simpatia. Tutto questo al netto delle critiche dei tifosi che vedono in una telecronaca un tifo o un controtifo non dichiarati ma latenti.
Un po’ tutti, ai vertici delle tre aziende, si sono convinti che la battaglia si vinca con i "talent", con le prestigiose voci tecniche da affiancare appunto ai cronisti. L’ultima mossa Rai, l’ingaggio di Trapattoni per le dirette azzurre, è significativa e interessante considerando il personaggio. Sky, l’apripista, da sempre appare meglio organizzata anche in questo caso. Le seconde voci sono generalmente ex calciatori (interessante in prospettiva l’ingaggio di Paolo Condò), esperti realmente qualificati, commentatori misurati ma non banali, tra l’altro sottoposti a summit periodici in redazione e a una formazione specifica che viene fuori poi nelle dirette. Mediaset segue una strada intermedia, anche qui attingendo a Sky. Rai ha rinunciato all’idea di creare una scuola e improvvisa uno stile basato sull’approfondimento tattico del commento: spesso però gli eccessivi tecnicismi dei commentatori più capaci ne soffocano la spontaneità.
Se c’è una caratteristica che spesso distingue la qualità di un commento da un altro, è rappresentata dalla capacità di chi racconta una partita nel prendere posizione, in diretta, su un determinato episodio. E’ questo forse il terreno sul quale dovranno confrontarsi Mediaset e Rai per recuperare terreno nei confronti del pianeta Murdoch. Quando un arbitro fischia, quando interviene per un fallo di gioco, chi commenta deve essere in grado di spiegare subito che cosa è accaduto e deve schierarsi pro o contro quella scelta arbitrale. Grave il fatto che lo spettatore capisca da solo e in anticipo il motivo di una discussione in campo. Sky lo fa (disponendo anche di fior di mezzi tecnologici a supporto), un po’ meno Mediaset, quasi per niente Rai. Ma la dura legge del "secondo schermo", del flusso dei commenti social in tempo reale non risparmia nessuno. Sarà meglio tenerne conto invece di far finta di nulla prendendosela con i cinesi.
Luca Borioni