Bernardini: Juve e Inter, perchè vi amo
Un gelato prima di entrare allo stadio. Nel bar di Muccinelli un piccoletto toscano che, in bianconero come ala, era stato l’idolo di papà. I giocatori allora, quando smettevano, si erano messi via i soldi per aprire piccole attività commerciali. Un bar speciale dove si diceva che Omar Sivori la notte facesse le ore piccole giocando a poker. E non era una leggenda metropolitana. Io con la mia bandiera in mezzo ad altri con addosso sciarpe nerazzurre. “Per favore, mi fai passare?” “Certo, mi tolgo subito”. “Viva l’Inter”. “Forza Juve”. Tutto qui. Si faceva tifo “per” e non “contro”. Nei distinti centrali i tifosi delle due squadre convivevano pacificamente. Al massimo sani sfottò per novanta minuti. La Juve-Inter di quella domenica è davvero speciale. Staccata di un punto in classifica la mia Juve deve vincere per volare verso lo scudetto. Mai viste tante bandiere allo stradio. Troppe. Come il numero degli spettatori senza biglietto che a dieci minuti dal via sfondano i cancelli del Comunale e entrano in massa. Lo stadio scoppia, letteralmente. Non basta. Si scatena un temporale inaudito e dal cielo viene già acqua a cascata. Nessuno si scoraggia e va via. Comincia la partita e subito Sivori attacca a provocare da lontano l’odiato Helenio. Dieci minuti appena. Saltano le recinzIoni e a migliaia si riversano lungo la linea bianca del campo. Alcuni si vanno e sedere accanto alla panchina nerazzurra. L’arbitro Gambarotta prima sospende e poi annullala gara. Penso, mentre papà mi tiene forte per mano: lo sapevo che era una brutta domenica. Tutti a casa, dunque. Fuori, ciascuno per i fatti suoi. Manco più gli sfottò. Nel casino io ho perso anche una scarpa. Continua a piovere da matti. Un signore, con una ragazzina più o meno della mia età per mano e una sciarpa nerazzurra al collo, ci vede in difficoltà. “Se volete posso accompagnarvi a casa. Ho la macchina qui vicino. Nessun disturbo, per carità. Tanto abbiamo tempo per tornare a Milano”. Finimmo in un bar del centro a prendere una cioccolata con panna. La figlia del tifoso interista si chiamava Angela. Ci incontrammo in estate, a Finale Ligure. Ci baciammo. Il primo bacio serio. La mia prima fidanzatina. La mia grande e piccola storia d’amore che durò quanto il 45 giri di “Legata a un granello di sabbia”. La cantava Nico Fidenco. Non so che fine abbia fatto, Angela. Ma, grazie a un Juve-Inter mai giocata, sono stato così felice…Il calcio, per fortuna, è anche questo: un cofanetto di rìcordi preziosi. Non permettiamo e nessuno di rubarcelo.
Marco Bernardini