Calciomercato.com

  • Getty Images
    Bellanova: 'L'Inter un sogno realizzato, Juric come un padre. Ora voglio gli Europei'

    Bellanova: 'L'Inter un sogno realizzato, Juric come un padre. Ora voglio gli Europei'

    Raoul Bellanova si racconta a tutto tondo. L'esterno del Torino ha concesso una lunga intervista a Radio TV Serie A con RDS, di seguito le sue dichiarazioni.

    COS'E' IL TORO - "Da quando sono arrivato, la cosa che mi ha colpito più di tutte è stato l’affetto e il modo in cui mi hanno accolto i tifosi. A Torino ho giocato un anno, per adesso, e sembra di essere qui da quattro o cinque anni. I tifosi si fanno sempre sentire, sia in città sia in campo, sostenendo anche nei momenti difficili. I compagni mi hanno accolto benissimo, anche quando inizialmente non avevo ancora carburato, sono veramente contento della scelta che ho fatto e la rifarei altre centomila volte. Lo stadio è stato praticamente sempre pieno, il pubblico è ambizioso anche per la storia che ha questa grande squadra. È giusto che i tifosi del Toro richiedano ai giocatori, quest’anno nelle sconfitte e nelle vittorie abbiamo dato il 100% cercando di portare a casa più punti possibili. Grande Torino? Aver indossato la maglia celebrativa in onore dei caduti di Superga è stato emozionante, c’era un clima diverso allo stadio in quella partita. Entrare al Filadelfia e leggere i nomi dei giocatori incisi sulle mura dello stadio ti fa capire quanto quella squadra sia stata importante per questa città. È giusto onorare la storia di questa maglia ogni volta che giochiamo".

    SEGNO DEL DESTINO - "La prima convocazione in Prima Squadra al Milan fu contro il Toro, avversario anche quando segnai il mio primo gol in Serie A, e pure nell’ultima gara di campionato l’anno scorso con l’Inter, qui al Grande Torino. Dovevo proprio venire qui io… evidentemente si sono allineati i pianeti".

    CAIRO E JURIC - "Presidente e mister sono due persone che sono sempre state presenti in questo mio percorso, soprattutto all’inizio quando non riuscivo ad esprimermi al 100%, non è da tutti stare sempre accanto a un giocatore sia dentro il campo che fuori. Sono state due persone fondamentali nella mia crescita. Il Presidente mi ha scritto un bellissimo messaggio dopo la partita con l’Italia negli Stati Uniti, ha detto che era orgoglioso perché aveva visto in campo lo stesso Bellanova che vede ogni sabato e domenica con il Torino. Mister Juric? Lo devo ringraziare come fosse un padre, è stata una persona fondamentale che più di tutti mi è servita in questa crescita. Avere la fiducia del mister è la cosa più importante per rendere in campo, anche quando inizialmente non riuscivo a esprimermi come volevo lui era sereno, veniva a parlarmi e ha iniziato a farmi fare dei lavori mirati in campo. Piano piano sono usciti i frutti del suo lavoro, il 60% di quello che ho fatto quest’anno è merito suo".

    GLI ALTRI - "Devo ringraziare mister Mazzarri che mi ha lanciato nel calcio dei grandi in Serie A. Con lui ho ancora un bellissimo rapporto, ha creduto in me e quando mi ha messo la prima volta poi non mi ha più tolto dal campo. Anche a Bordeaux con Sousa, mi è servita per crescere mentalmente: non era più il calcio della primavera e capii che certe cose non potevi più sbagliarle. E poi Oddo a Pescara, lui che faceva il mio stesso ruolo, mi ha aiutato veramente tanto. Sono contento di aver mantenuto bei rapporti con ogni allenatore che ho avuto".

    STAGIONE GRANATA - "Dopo l’anno scorso, dove non ho giocato tantissimo, l’obiettivo era quello di dimostrare il mio potenziale: spero di esserci riuscito. I miei assist a Zapata? Durante gli allenamenti si cercano combinazioni e intesa. Duvan è un grandissimo giocatore, una volta che gli metti la palla in testa quasi sicuramente segna. Ho 7 assist e 6 sono arrivati dopo il girone d’andata, mi spiace perché avrei potuto farne di più prima. Gol contro il Lecce? Farlo in casa ed esultare con i tifosi è stato veramente emozionante, è da tanto che lo cercavo perché quando segni ti sblocchi anche mentalmente. Compagni? Con Samuele Ricci siamo come fratelli, lo conosco da tempo e ci vediamo sempre anche dopo gli allenamenti. Siamo un bellissimo gruppo, questa è la forza della nostra squadra. Ammiro molto Duvan, dopo aver fatto la Champions League e tutti quei gol l’ho sempre visto allenarsi al 100%, è uno che non si risparmia mai quando potrebbe anche farlo. Dal primo giorno ha sempre spinto al massimo, non c’è stato un allenamento dove è andato piano: penso che questo sia fonte di grandissima ispirazione. È rinato e se lo è meritato, io ho avuto la fortuna di viverlo nel suo prime, quando sono stato per sei mesi all’Atalanta".

    PODIO TOP U-23 - "Per il campionato italiano un 23enne è un giocatore ancora molto giovane, ma ci sono coetanei all’estero che vincono mondiali o alzano Champions League, quindi non mi ritengo più un giovane che deve fare esperienza. Devo prendermi delle responsabilità perché non sono più un ragazzino, mi inorgoglisce ovviamente essere nella top 3 degli U23 di questo campionato ma penso che il successo più grande sia stata la pre-convocazione in Nazionale".

    LIBERTA' MENTALE - "Io penso che essere liberi mentalmente sia la cosa più importante nel calcio. Io ogni volta non vedo l’ora di andare al Fila ad allenarmi, di vedere i miei compagni, scherzare con loro. Mister Juric è il primo a dirmi: “non devi aver paura di sbagliare”. L’aspetto mentale per un calciatore è tutto, perché se sei libero mentalmente ti riesce tutto, se hai paura di sbagliare, sbagli di conseguenza anche se sei il calciatore con più qualità. Bisogna trovare il giusto equilibrio. Concentrato il giusto per non essere troppo leggero in campo e rischiare di calare nel corso della gara, ma anche non essere troppo lì…. Com’è che si dice, il troppo stroppia".

    ESTERNO PURO - "Ho sempre preferito l’attacco alla difesa perché la miglior difesa è l’attacco. Però per essere completo devi saper fare entrambe le fasi. Devo ringraziare mister Juric perché mi ha aiutato tanto sulla fase difensiva, lui ci tiene tanto, basti vedere quanti clean sheet abbiamo fatto quest’anno, soprattutto in casa. Siamo secondi per clean sheet dopo l’Inter. La mia indole è essere offensivo è puntare l’uomo, mettere cross, la corsa, e diciamo che nella metà campo avversaria mi riesce tutto più facile. Il 3-5-2 è il modulo che preferisco di più perché non essere nei tre d’attacco mi garantisce la fascia tutta per me e me la gestisco a pieno".

    SERIE A E TATTICA - "Io sul campo farei qualsiasi ruolo se me lo chiedessero, a parte il portiere. Il calcio è cambiato e la tattica in Italia, purtroppo o per fortuna, è praticamente il pane. Si sta sempre attenti ai minimi dettagli, a una fase difensiva perfetta, bisogna lavorare sempre tantissimo. Per noi magari, lavorando col mister su un calcio uomo a uomo, la tattica viene un po’ meno rispetto alle altre squadre, ma anche con questo modo di giocare l’attenzione a questi dettagli rimane massima e almeno un giorno a settimana alla tattica lo devi dedicare".

    FIGLIO DEL VENTO - "Già dagli allievi nazionali del Milan la velocità è stata la mia dote migliore. All’inizio non era abbinata ad altre qualità eccelse, perciò ho dovuto lavorare tanto anche su altre caratteristiche. Quest’anno ho fatto 7 assist, ma di certo prima i cross non li mettevo come faccio adesso. Oggi nel calcio la parte atletica penso sia una qualità importante, perciò questa è una dote che mi tengo stretta e cerco sempre di esprimerla al meglio in campo".

    SOLO IL PIEDE DESTRO - "Juric mi chiede di usare anche l’altro piede e infatti sto cominciando a convergere sempre di più sul sinistro. Per quanto mi sto liberando, se ce l’avessi un po’ più dritto, avrei potuto fare anche qualche gol in più. Piano piano cerchiamo di raddrizzarlo (ride, ndr)".

    DOVE MIGLIORARE - "La cosa principale è l’attenzione difensiva, poi il posizionamento, le diagonali. A questi livelli ogni minimo dettaglio fa la differenza e io qualche black out durante la partita ancora ce l’ho. Soprattutto quando inizio a essere stanco e di questo ne sono consapevole. Devo migliorare anche in impostazione, cercare di pensare prima la giocata in un contesto in cui non c’è mai tempo pensare".

    REGGERE LA PRESSIONE - "Penso sia la cosa più importante, soprattutto reggere la pressione, perché al giorno d’oggi i social possono distruggere un giocatore dopo una partita. Io ho sempre detto che nel calcio si dipende dall’ultima prestazione: puoi fare anche otto partite bellissime, se sbagli la nona magari per la gente sei scarso. Se ne sbagli quattro ma alla quinta segni e fai vincere la tua squadra sei un fenomeno. Non bisogna né esaltarsi troppo una volta che si fa bene, né buttarsi giù una volta che si fa male. Una partita non determina il calciatore che sei. Ho avuto incontri con mental coach, penso che per un giocatore sia molto importante affacciarsi a questa realtà perché sono cose che possono aiutarti. L’anno scorso dopo una partita a San Siro ho avuto un blackout mentale, uno stadio così può anche distruggerti. Ma anche questo è il bello del calcio: non è per tutti, non tutti possono reggere la pressione. Poi ho giocato facendo belle partite, ho fatto una finale di Champions e devo ringraziare questa persona che mi ha aiutato. Ha fatto scattare in me una maggiore fiducia nei miei mezzi, alla fine sei tu che vai in campo, non i tifosi o le persone che ti criticano. Devi essere autocritico, ma devi anche essere la prima persona a credere in te stesso, quindi l’importante è andare in campo sapendo che giocatore sei e non avendo paura di sbagliare per il parere altrui".

    IL MILAN E MONTELLA - "La prima squadra in cui ho giocato si chiamava Azzurra, avevo cinque anni. Ero un ragazzo molto timido, i miei compagni di scuola volevano che andassi a giocare con loro, io giocavo solo con mio papà in garage. Così sono andato e dopo pochi mesi mi ha chiamato il Milan, avevo cinque anni e mezzo: dopo diversi provini mi hanno preso. È stata una parentesi bellissima, ringrazio tantissimo il Milan perché mi ha fatto crescere. Mi hanno preso che ero bambino e me ne sono andato a 19 anni, quando sono andato in Francia. Prima convocazione in Serie A? Mi ha chiamato Vincenzo Montella, proprio contro il Torino. In quei momenti guardi gli altri e ti chiedi se potrai reggere quel tipo di pressione, se ci ripensi ora ti rendi conto di sentire i tifosi per dieci minuti di partita, e non per gli altri 80 per quanto è alta la concentrazione. Ex compagni che sento ancora? Cutrone mi ha sempre aiutato tantissimo, sia quando ci vedevamo in Nazionale, sia in prima squadra e c’era lui".

    DOPO LA NOTTE ARRIVA SEMPRE L'ALBA - "In Francia, a Bordeaux, ho vissuto un brutto periodo. Proprio lì mi sono tatuato una frase con scritto: “dopo la notte arriva sempre l’alba”. Ho avuto un periodo davvero buio, ma poi ho ritrovato l’alba".

    L'ATALANTA E IL COVID - "Quell’Atalanta ce la ricordiamo tutti, una squadra che si è piegata soltanto al PSG, fino al 90esimo era in semifinale di Champions League. C’erano tantissimi giocatori incredibili, è stato un periodo di crescita nonostante feci una sola presenza di 20 minuti. Gasperini mi ha fatto capire sin da subito quanto avrei dovuto lavorare ancora per guadagnarmi un posto in Serie A e infatti l’anno dopo sono andato a giocare in Serie B, perché non mi sentivo ancora pronto. Penso che la Serie B sia un campionato che aiuta a crescere, è complicato e ci sono tanti giocatori talentuosi. Se lì dimostri di essere un giocatore di categoria superiore è giusto salire. Al giorno d’oggi, consiglio questo ai giovani".

    DIVENTARE UOMO - "A Cagliari ho vissuto un anno fantastico, è stata la prima consacrazione per poi approdare all’Inter. Ho segnato il primo gol in Serie A, mister Mazzarri è stato fondamentale e mi spiace per come sia andata la stagione. A proposito, faccio loro i complimenti per la salvezza di quest’anno. Devo ringraziarli perché mi hanno permesso di raggiungere il sogno della mia vita, giocare per la mia squadra del cuore, ma anche perché mi hanno fatto diventare uomo".

    ALL'INTER NON SI DICE NO - "E succede il panico, all’Inter non si può dire di no. Ero in vacanza con i miei, arriva il mio procuratore e mi fa: “domani viene l’Inter con Ausilio, vuole che vai a Milano”. Gli rispondo: “non dirmi neanche le cifre, firmo adesso il contratto”. E’ stato veramente emozionante. Un bimbo che sogna di giocare nello stadio della sua squadra del cuore ed è lì per realizzare il suo sogno. E’ stato un anno partito basso e finito alto. Gli ultimi due mesi ho giocato, la finale di Champions non ti capita tutti i giorni e di questo devo ringraziare Ausilio, Marotta e soprattutto mister Inzaghi perché, nonostante tutto, mi ha sempre aiutato e si è sempre comportato bene con me. Giocando quelle tre partite di Champions League, capisci veramente il calcio delle stelle. Con quei calciatori ci giocavi prima solo alla playstation. Il Bayern, il Barca, il City. Purtroppo quella finale non è andata come volevamo, una finale che secondo me brucerà ancora per tanto. Ma penso che abbiamo dimostrato di averla giocata in maniera incredibile. Sono veramente contento per la vittoria del loro ventesimo Scudetto. Quest’anno hanno mostrato una qualità, anche nelle riserve, impressionante. Anche con le riserve penso che avrebbero comunque potuto lottare per vincere. Questo è il loro segreto, così come lo è il gruppo che ho avuto la fortuna di trovare anche a Torino. A Milano ho passato un anno bellissimo con tutti i miei compagni, ci siamo sempre sentiti anche in questa stagione e adesso li rincontrerò in Nazionale".

    I QUINTI - "Darmian, Dimarco e Dumfries non avevo neanche bisogno di guardarli troppo perché erano loro stessi che venivano a darmi consigli. Dima c’era sempre, ma anche Denzel, lo stesso D’Ambrosio che ha fatto quel ruolo. Venivano sempre per darmi una mano, mi facevano notare cosa avevo sbagliato. Le cose più belle in assoluto per un giovane, sono quelle che ti fanno stare molto più tranquillo in campo".

    CHIAMA SPALLETTI - "Ci speravo tanto, di certo la convocazione me l’aspettavo più della scorsa volta. Ma una volta che è arrivata, è stata la cosa più bella del mondo. Cercherò di dare il massimo in queste due amichevoli per rientrare nei 26 finali. La Nazionale è il sogno di ogni bambino, giochi per il tuo Paese. Il giorno prima del debutto Spalletti è venuto a parlarmi, mi ha chiesto come stavo e se ero tranquillo, un po’ di cose private senza mettermi nessun tipo di pressione. Ero veramente emozionato, teso, poi quando inizia svanisce tutto. All'intervallo il mister mi ha corretto un po’ di errori, ma si sa che sta attento ai minimi dettagli, giusto così. La verità è che c’è un gruppo bellissimo, ho trovato tanti compagni che ho avuto all’Inter, ma vuoi o non vuoi alla fine conosci bene tutti. E’ proprio come fossi in un club. Giusto anche che ci sia un blocco nerazzurro visto quello che han fatto quest’anno".

    FAMIGLIA E UMILTA' - "Mio papà, mia mamma, mia sorella sono la cosa più bella che c’è. Con loro mi diverto come fossi con gli amici. Mia madre è come un’amica per me, non esiste cosa più bella di questa. Purtroppo non è stato un passato facile perché quello che si aveva lo si usava per me, per cercare di farmi rincorrere il mio sogno. Devo tutto a loro".

    TATUAGGI - "Ho perso il conto, ma dovrebbero essere tra i 16 e i 18. Il primo che ho fatto è stata una spada incisa in cuore con su scritto mamma e papà. La maggior parte dei miei tatuaggi è dedicata a loro. Poi quando ho bisogno di stimoli e sostegno, vado a vedermi quello che ho sulla spalla che ritrae me e mio papà mano nella mano, con un pallone da calcio. Mi ha insegnato lui a giocare a calcio".

    NBA - "E’ il mio sport preferito in assoluto, penso di avere le canotte di qualsiasi giocatore che meriti di stare in NBA. Le Finals cerco di guardarle, anche se a volte devo dare forfait perché giochiamo il giorno dopo. Secondo me vincono i Boston".

    SOGNI - "Calcisticamente non voglio portarmi sfortuna, nella vita spero di avere una bellissima famiglia ed essere un genitore come lo sono stati i miei per me".

    Altre Notizie