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Allegri, rispetto per la Juventus
In tutti i casi si tratta, appunto, d’una strategia che lancia messaggi trasversali e che, se da un lato vuole lecitamente dare il benservito ai giornalisti dall’ altro non tiene nella dovuta considerazione la Juve, una società che la meriterebbe. Non solo perché è vice-campione d'Europa, in lizza su tutti i fronti; non solo perché Allegri è, sia pure in maniera prestigiosa un suo dipendente, ma soprattutto perché l’allenatore labronico dovrebbe avere nei confronti della squadra bianconera un minimo di riconoscenza. In fondo la Juve prendendolo l’anno scorso, dopo un cursus trionfale di 3 scudetti, lo ha ripescato se non dal “dimenticatoio” da un appartato parcheggio. Se Allegri se ne vuole andare può essere brutalmente sincero come Guardiola; se vuole restare può sprezzantemente fare scudo alle chiacchere e alle illazioni. Altrimenti sa di strumentalizzazione e forse anche di poco rispetto.
Forse non è piaciuto ad Allegri lo sfogo del Presidente ad inizio stagione: quel “non siamo da quattordicesimo posto”che non rappresentava solo un urlo di dolore, ma anche un sonoro scappellotto nei confronti d’una squadra apparentemente alla deriva, senza rotta. E la rotta, si sa, sul campo la indica il capitano, cioè l’allenatore.
Nessuno pretende le fedeltà, quasi in odore di feudo personale, alla Ferguson o alla Wenger, ma di fronte a Marotta che ha più volte dichiarato l’intenzione di prolungare il contratto ad Allegri, forse un po’ di chiarezza da parte di quest’ultimo sarebbe un bel gesto nei confronti d’una Società che se lo merita.