Rino Foschi sarà stato un santo o un masochista ad avere resistito 6 anni al fianco di Maurizio Zamparini. Leggendo l'attualità è inevitabile pigiare il tasto rewind dei ricordi e ripercorrere la storia recente del Palermo, anzi la storia legata all'imprevedibile imprenditore friulano che a Palermo ha portato il calcio che conta. Foschi ha resistito 6 anni, Walter Sabatini poco più di una stagione, mentre Sean Sogliano appena 146 giorni. L'ultima litigata (domenica mattina a Udine) è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: il direttore sportivo della 'rinascita' getta la spugna e va via. Le dimissioni di Sogliano sono state ufficializzate ieri, ma già da tempo il rapporto si era incrinato: troppo diversi diesse e presidente per potere convivere.

'Sappiamo tutti che persona particolare sia il presidente Zamparini - ha spiegato il 'recordman' Rino Foschi, adesso al Padova -, lavorare con lui da un certo punto di vista è molto facile, ma da un altro è anche molto difficile. Zamparini è un dirigente che lascia ampi margini di lavoro al proprio direttore sportivo, mettendo anche a disposizione importanti risorse economiche. Dall'altra parte però il presidente vuole sempre per sé l'ultima parola su determinate decisioni, perché è lui a comandare nella sua società. Io, nel mio primo anno a Palermo, avevo rassegnato le dimissioni per ben tre volte, ma per il resto ho sempre lavorato bene. Lui assume pienamente la figura del capo della sua società e, in certe occasioni, per andare d'accordo con lui, bisogna avere una certa elasticità'.

Elasticità che evidentemente non ha avuto Sean Sogliano che si è arreso alle continue sollecitazioni del capo, pardon del presidente. L'ultimo argomento di scontro è stato (naturalmente) la formazione che Mangia avrebbe dovuto schierare a Udine: il presidente vorrebbe sempre in campo Ilicic e non sopporta le esclusioni dello sloveno. Da qui è nata la discussione terminata... ieri mattina con il comunicato stampa della società rosanero.

(La Sicilia)