Vivo X Lei: Del Piero senza Juve, una stranezza tutta italiana
E capita, in un giorno qualsiasi, di svegliarsi con un sensazione un po' strana, come quando hai dimenticato qualcosa e proprio non riesci a ricordartene. Un ronzio, poco più di un sibilo, che tormenta i pensieri, fino a divenire opprimente. E vuoi toglierti lo sfizio di scoprire cos’è. Ecco: è quello che provo quando vedo una partita della Juventus. C’è qualcosa che manca.
Mi distraggo; penso al terzino che avrebbe dovuto ritornare prima, all’attaccante che avrebbe dovuto stoppare meglio, a quel mancino argentino che fa sognare molte persone, e che chissà che non rapisca anche me in un futuro prossimo. Eppure, per me, ancora per un po’ di tempo, sarà così: vedrò le partite della mia squadra con la solita passione, ma con un lieve distacco mentale, con una punta di freddezza in più. Mi ci devo ancora abituare, lo so. E sarò un po’ troppo ingenuo nella mia nostalgia, eppure ancor non sono pronto ad ammettere che il grande capitano non onori più la nostra MAGLIA.
C’è il portiere migliore di tutti i tempi, e c’è la grinta del difensore a cui regalavano i pupazzi di King Kong, e c’è l’orgoglio di chi dice “sciacquatevi la bocca”, il silenzio zelo e la completa dedizione di un muro inossidabile e silenzioso. E quel giocatore francese, di colore, alto, con l’arte nei piedi (e talora troppa voglia di mostrarla nella testa), che ha ereditato un numero molto pesante - e che chissà che non sia proprio questo il motivo per cui, quest’anno, pur stimandone le capacità l’ho preso un po’ troppo in antipatia. E poi c’è un principe, c’è un tedesco di origini turche, e un attacco fatto di rinoceronti che s’avventano sul pallone come un leone sulla preda, che vengano dallo stivale o dalla dirimpettaia terra al di là dell’Adriatico non ha importanza. E c’è quel ragazzo che corre, corre, corre e che sta sperimentando l’ironia di una vita che talora pare volerti spingere, e talora pare volerti penalizzare. E poi c’è il mancino argentino (c’è qualcosa di magico negli argentini mancini. E che non s’offenda Recoba, un sinistro come il suo è secondo di poco a quello dei più grandi). Cosa manca allora, in questa squadra che promette e mostra sangue e miele, forza e classe, velocità e controllo, almeno agli occhi mai del tutto imparziali di un tifoso sfegatato? La risposta a questa domanda è semplice. E quanto mai attuale. Proprio in occasione dell’ultima partita, punizione dal limite. Paulito prende la mira, la corda è tesa, la freccia scocca. Centro. Siate sinceri: a chi pensate, voi tifosi, quando la Juventus beneficia di un calcio di punizione dal limite?
Se la vostra risposta descrive il direttore d’orchestra più geniale di sempre, avete tutta la mia stima, ma non condividete il mio pensiero. Io penso sempre al modo in cui Alex calciava quelle punizioni. Quella traiettoria diretta per forza lì. E non me ne voglia l’ex 21, il grandissimo Pirlo, ma nella mia memoria di juventino c’è sempre quel silenzioso sguardo alla traversa. Come lo sguardo di un amante pronto a sfiorare il corpo della sua dama, prima di possederla. E c’era, puntuale il gol. E il godimento di migliaia di persone urlanti. Ecco, cosa manca alla mia squadra: quel calciatore che una volta smesso di giocare, vorresti che fosse di dieci più giovane, per poter ancora gioire delle sue prodezze. Molti potrebbe obiettare, fare il nome di Buffon: e io non posso che dire, che gran campione. Quando andrà via, proverò lo stesso senso di tristezza che provai quando la Furia Ceca lasciò il campo per l’ultima volta. Gladiatore fino all’ultimo. Ma dopo un anno, un anno e mezzo, non mi ritroverei a guardare le partite con la sensazione che manchi qualcosa.
Alessandro Del Piero ha quel quid in più che fa sì che emerga in maniera distaccata dalla massa, e che lo eleva alla classe dei più forti. Non per la sua tecnica, comunque eccelsa (Giggs: “Nessuno mi ha mai dribblato come Del Piero), e non per una vena realizzativa tutta spagnola (non avrà fatto i suoi 80 gol per anno solare, ma i suoi 270 gol e passa li ha comunque fatti), Alex è superiore alla media perché ripensare alla sua carriera ti dà speranza, e trasmette un messaggio positivo, il più ottimistico possibile: si può esser grandi. E silenziosi. E riservati. E intelligenti. E umili. Tralasciando l’abilità al gioco del calcio, che può essere innata o meno, Del Piero mi ha insegnato che con l’esercizio e con la perseveranza si può diventare persone migliori rispetto agli altri (mi riferisco, ovviamente, al personaggio percepito, dovendo ammettere per forza che i suoi difetti come persona non posso conoscerli). Alcuni esempi possono aiutarmi. Messi non mi insegna nulla (mi insegnerebbe qualcosa se fossi anche io nato con la sua tecnica sopraffina). Allo stesso modo C.Ronaldo, Totti (gran bandiera, per carità, ma non vorrei mai essere un uomo come lui), Ronaldo il merc…ehm il fenomeno, e così via. Del Piero, Alex, il Capitano: manca a me, e dovrebbe mancare a tutte le persone innamorate della vecchia bianconera perché può insegnare a tutti come essere migliori, come uomini e come persone. (ovviamente era anche un diavolo di calciatore: standing ovation al Bernabeu e all’Old Trafford. Mito.) Io non dimentico, e sarai il calciatore di cui parlerò ai miei nipotini in futuro. Dicendo con il cuore pieno di orgoglio “io ho visto giocare Del Piero”. UN CAPITANO. C’E’ SOLO UN CAPITANO.
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Luca Borioni risponde:
Sono d'accordo con Ryog, Alessandro Del Piero è stato un campione sotto diversi punti di vista, completo e mediatico nel senso dell'immagine, condivisibile, legata ai colori bianconeri ma apprezzabile anche aldilà della maglia perché capace di promuovere valori importanti e universali. Un campione talmente elogiabile da risultare indigesto a una parte della stessa tifoseria, quella che antepone la partigianeria ottusa ai concetti basilari dello sport. Del Piero è come Maldini: non importa la squadra per la quale hanno giocato e vinto, conta l'esempio che hanno dato. Nella Juve il numero 10 ed ex capitano ha lasciato un segno indelebile. E' passato indenne dall'uragano di calciopoli, vincendo nel contempo un Mondiale in azzurro, e ha lasciato nel giorno di una festa scudetto quanto mai sentita, salutando tutti e scegliendo avventure intercontinentali.
Un addio celebrato ma che ha lasciato un vuoto. Impossibile dare un senso al fatto che un giocatore simbolo come Del Piero non abbia potuto trovare un ruolo nel club che ha rappresentato per tanti anni e attraverso tante prodezze. Ma questa è una stranezza (una colpa) tutta italiana se pensiamo che la stessa situazione riguarda il già citato Maldini e il Milan - che a differenza della Juve, non funziona benissimo ultimamente - oppure, per dire, i vari Rivera o Baggio e la Figc (esperimenti avviati con poca convinzione e falliti). Detto questo, fossi in Ryog non sarei così nostalgico. La Juventus attuale ha un potenziale in piena crescita che promette altri giorni di festa e uno come Dybala - sul piano tecnico, professionale e umano - ha tutto per seguire quel percorso luminoso...
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