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Violamania: palla a Chiesa e basta! Con questo Simeone non si va in Europa
Allarme gioco e attacco. Allarme finalizzazione. La Fiorentina inizia a preoccupare, specialmente perché segna con fatica e, anche stavolta, grazie a un episodio. Veretout trasforma un rigore netto, concesso ingenuamente da Barella per un fallo su Chiesa, inattaccabile. L'abbraccio paterno di Pioli a 'Fede' testimonia ancora una volta l'armonia che aleggia nel gruppo: "Mister, posso batterlo io?", ma il tecnico gli fa capire come ci siano delle gerarchie. Il gesto che li unisce, anche con il vice Murelli. Davvero bello. Questa è la prima qualità di questa squadra.
Pezzella aveva disputato un campionato quasi perfetto fino alla zampata di Pavoletti, che in otto minuti si regala la gioia dopo una notte insonne a causa della nascita del figlio Giorgio. Peccato, beffati da noi stessi. Un dato - non numerico ma pratico - emerge però dall'ennesima prestazione incerta della Fiorentina: il tutto si riduce a "palla a Chiesa". Sì, perché le altre soluzioni non sembrano essere troppo praticabili. Vuoi per la scarsa vena di Gerson, che si eclissa in tempo di record; vuoi per l'appannamento, in fase di possesso palla, negli ultimi venti metri; vuoi per l'assenza di Simeone e Pjaca.
Esatto, Simeone e Pjaca: c'è qualcosa che non torna. L'argentino non segna dal 19 settembre, quella che poteva essere stanchezza, complici gli impegni con la Nazionale, sta diventando involuzione. Troppo solo in mezzo alle maglie della difesa avversaria: con il Cagliari è stato il turno di Ceppitelli e Pisacane, come in passato è valso per altri. E, sembra, così sarà. Il 'Cholito' non riesce a sbloccarsi, è troppo confusionario in certe circostanze e anche il movimento per la squadra sta diventando una scusa non troppo plausibile. Il gol, più che arriverà, manca: le doti sono ineccepibili, deve migliorare ancora tanto e, per farlo, forse ha bisogno di qualcuno che gli stia accanto, che lo aiuti nel lavoro sporco, che possa dialogarci e farlo rifiatare.
Il croato, invece, è un punto interrogativo grande come l'insufficienza racimolata nel pareggio del 'Franchi'. Qualità, anche qui, indiscusse e indiscutibili. Resta da capire come valorizzarle: anzi, proprio come esternarle. Con il passare dei minuti, la carta Mirallas appariva sempre più necessaria: Pioli ha atteso forse troppo per inserirlo, solamente dopo il pareggio di Pavoletti. Praticando prima la sostituzione, forse, si sarebbe potuto alleggerire la pressione sarda e dare una nuova linfa alle ripartenze, specialmente sfruttando quel vento che ha fatto la differenza nelle due frazioni, specialmente nella prima, quando la Fiorentina era costretta a veder vanificati i propri attacchi a causa del cambiamento di direzione e rallentamento della sfera.
La Fiorentina è momentaneamente quinta, in linea con le ambizioni. Quello che non si capisce è come possa tornare la brillantezza. Al netto dell'anticipo sul gol ai danni di Pezzella, la difesa regge e respinge gli attacchi. E attacca. Il centrocampo, eccezion fatta per Veretout e qualche lampo di Benassi ed Edimilson, deve ancora trovare la giusta quadratura. Con il Torino sarà scontro diretto: la testa deve già essere lì. Per l'Europa League, ciò che stiamo vedendo, non basta.
Pezzella aveva disputato un campionato quasi perfetto fino alla zampata di Pavoletti, che in otto minuti si regala la gioia dopo una notte insonne a causa della nascita del figlio Giorgio. Peccato, beffati da noi stessi. Un dato - non numerico ma pratico - emerge però dall'ennesima prestazione incerta della Fiorentina: il tutto si riduce a "palla a Chiesa". Sì, perché le altre soluzioni non sembrano essere troppo praticabili. Vuoi per la scarsa vena di Gerson, che si eclissa in tempo di record; vuoi per l'appannamento, in fase di possesso palla, negli ultimi venti metri; vuoi per l'assenza di Simeone e Pjaca.
Esatto, Simeone e Pjaca: c'è qualcosa che non torna. L'argentino non segna dal 19 settembre, quella che poteva essere stanchezza, complici gli impegni con la Nazionale, sta diventando involuzione. Troppo solo in mezzo alle maglie della difesa avversaria: con il Cagliari è stato il turno di Ceppitelli e Pisacane, come in passato è valso per altri. E, sembra, così sarà. Il 'Cholito' non riesce a sbloccarsi, è troppo confusionario in certe circostanze e anche il movimento per la squadra sta diventando una scusa non troppo plausibile. Il gol, più che arriverà, manca: le doti sono ineccepibili, deve migliorare ancora tanto e, per farlo, forse ha bisogno di qualcuno che gli stia accanto, che lo aiuti nel lavoro sporco, che possa dialogarci e farlo rifiatare.
Il croato, invece, è un punto interrogativo grande come l'insufficienza racimolata nel pareggio del 'Franchi'. Qualità, anche qui, indiscusse e indiscutibili. Resta da capire come valorizzarle: anzi, proprio come esternarle. Con il passare dei minuti, la carta Mirallas appariva sempre più necessaria: Pioli ha atteso forse troppo per inserirlo, solamente dopo il pareggio di Pavoletti. Praticando prima la sostituzione, forse, si sarebbe potuto alleggerire la pressione sarda e dare una nuova linfa alle ripartenze, specialmente sfruttando quel vento che ha fatto la differenza nelle due frazioni, specialmente nella prima, quando la Fiorentina era costretta a veder vanificati i propri attacchi a causa del cambiamento di direzione e rallentamento della sfera.
La Fiorentina è momentaneamente quinta, in linea con le ambizioni. Quello che non si capisce è come possa tornare la brillantezza. Al netto dell'anticipo sul gol ai danni di Pezzella, la difesa regge e respinge gli attacchi. E attacca. Il centrocampo, eccezion fatta per Veretout e qualche lampo di Benassi ed Edimilson, deve ancora trovare la giusta quadratura. Con il Torino sarà scontro diretto: la testa deve già essere lì. Per l'Europa League, ciò che stiamo vedendo, non basta.