Getty Images
Viola, da sogno! I segreti per l'Europa: alchimia, Davide e in quel saluto...
Nelle ultime undici partite, la Fiorentina ha raccolto otto vittorie, un pareggio e due sconfitte. Dati la cui fonte è derivabile al radicale cambiamento impresso dal gruppo alle sorti di una stagione nata con risultati insoddisfacenti e macchiata indelebilmente da un evento segnante, la scomparsa del Capitano. Quello è stato il fattore scatenante, la marcia in più che, vista da fuori, può sembrar retorica, ma che invece non lo è assolutamente.
DAVIDE – Partiamo da qui, da quel tragico 4 marzo. Tutto quello che ne è seguito ha unito in modo ancor più inossidabile la città alla squadra, colmando le lacune sportive e ambientali createsi nell’ultimo anno. Era una piazza sull’orlo del tracollo, ne sono usciti uomini, su più punti di vista. Il ricordo è palpabile, la voglia di mantenerlo attivo viene sviluppata ogni giorno. Che il Capitano abbia dato forza, una nuova forza, è innegabile. Lo dimostrano il cammino ultimo, la svolta nell’animo. Lo dimostra l’oggettività.
MENTE – La testa gioca più dei piedi, delle gambe. La mentalità si è insediata nei livelli calcistici fiorentini, attecchendo sulla tecnica e sul carattere. Le prestazioni, oltre tutti gli ostacoli, ne sono la concreta dimostrazione: a prescindere dal filotto di sei trionfi consecutivi, la partita contro la Lazio e le vittorie con Napoli e Genoa sono la cartina tornasole di un processo di maturamento interiore. I giocatori hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo, facendosi guidare spiritualmente, venendo trascinati da tifosi imperturbabili.
SINGOLI E CORALITÀ – Uno dei fattori essenziali è stato il lavoro di Pioli, straordinario nel momento del dolore. L’unità procreata è un’invenzione d’autore: ha fatto uomini, ha saputo tenere la compattezza, facendo sì che l’evento la aumentasse. E così è accaduto, in modo esponenziale. Poi il cambiamento degli elementi: Simeone è sbocciato, tra alti e bassi, segnando anche le reti che hanno deciso il campionato. Non solo ‘Gio’, anche Saponara è rinato, proprio dal dramma, da oggetto escluso a titolare d’inventiva; lo stesso Biraghi, definito dal tecnico “il giocatore maggiormente cresciuto”; poi, ancora, Dabo e Sportiello, così come Milenkovic e Benassi. Via discorrendo.
MISSIONE FINALE – L’obiettivo è terminare la rincorsa potendo alzare le mani al cielo per esultare. Il saluto militare inventato da Vitor Hugo, il primo a segnare, da sostituto di Astori, contro il Benevento, nella prima partita senza il Capitano, è diventato il simbolo di questa squadra. La speranza è di poterlo mostrare a San Siro: con orgoglio, certamente, come sempre, ma anche con la fierezza di chi ha conquistato un posto in Europa League, impensabile fino a due mesi fa. Per la Fiorentina, ora, però, niente è impossibile.
DAVIDE – Partiamo da qui, da quel tragico 4 marzo. Tutto quello che ne è seguito ha unito in modo ancor più inossidabile la città alla squadra, colmando le lacune sportive e ambientali createsi nell’ultimo anno. Era una piazza sull’orlo del tracollo, ne sono usciti uomini, su più punti di vista. Il ricordo è palpabile, la voglia di mantenerlo attivo viene sviluppata ogni giorno. Che il Capitano abbia dato forza, una nuova forza, è innegabile. Lo dimostrano il cammino ultimo, la svolta nell’animo. Lo dimostra l’oggettività.
MENTE – La testa gioca più dei piedi, delle gambe. La mentalità si è insediata nei livelli calcistici fiorentini, attecchendo sulla tecnica e sul carattere. Le prestazioni, oltre tutti gli ostacoli, ne sono la concreta dimostrazione: a prescindere dal filotto di sei trionfi consecutivi, la partita contro la Lazio e le vittorie con Napoli e Genoa sono la cartina tornasole di un processo di maturamento interiore. I giocatori hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo, facendosi guidare spiritualmente, venendo trascinati da tifosi imperturbabili.
SINGOLI E CORALITÀ – Uno dei fattori essenziali è stato il lavoro di Pioli, straordinario nel momento del dolore. L’unità procreata è un’invenzione d’autore: ha fatto uomini, ha saputo tenere la compattezza, facendo sì che l’evento la aumentasse. E così è accaduto, in modo esponenziale. Poi il cambiamento degli elementi: Simeone è sbocciato, tra alti e bassi, segnando anche le reti che hanno deciso il campionato. Non solo ‘Gio’, anche Saponara è rinato, proprio dal dramma, da oggetto escluso a titolare d’inventiva; lo stesso Biraghi, definito dal tecnico “il giocatore maggiormente cresciuto”; poi, ancora, Dabo e Sportiello, così come Milenkovic e Benassi. Via discorrendo.
MISSIONE FINALE – L’obiettivo è terminare la rincorsa potendo alzare le mani al cielo per esultare. Il saluto militare inventato da Vitor Hugo, il primo a segnare, da sostituto di Astori, contro il Benevento, nella prima partita senza il Capitano, è diventato il simbolo di questa squadra. La speranza è di poterlo mostrare a San Siro: con orgoglio, certamente, come sempre, ma anche con la fierezza di chi ha conquistato un posto in Europa League, impensabile fino a due mesi fa. Per la Fiorentina, ora, però, niente è impossibile.