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    Vialli, un anno dopo: il campione amico che ha attraversato le nostre vite

    Vialli, un anno dopo: il campione amico che ha attraversato le nostre vite

    • Gianluca Minchiotti
    Gianluca Vialli ha attraversato le nostre vite di italiani e di appassionati di calcio come un figlio, un fratello, un amico e un padre. Chi ha avuto la fortuna di seguirne la vicenda sportiva e umana, a partire dagli esordi calcistici nella sua Cremona, fino alla morte avvenuta un anno fa a Londra, non può non ricordare il sorriso gentile e la delicata ironia dell'uomo, accanto alla forza esplosiva del grande centravanti che è stato. Classe 1964, Vialli ha vissuto per quarant'anni sotto i nostri occhi, a cavallo di due generazioni, lasciando un segno indelebile nella storia del calcio italiano e non solo.   

    L'ISPIRATORE - "Spero che la mia storia possa servire a ispirare le persone che si trovano all’incrocio determinante della vita. L’importante non è vincere; è pensare in modo vincente". Nel libro Goals, una raccolta di storie edificanti che si concludeva con una nota autobiografica in cui descriveva la sua malattia come occasione di rinascita, Vialli ci raccontava la sua filosofia di vita, e il suo modo di intendere lo sport. 

    Un ruolo da ispiratore, quello di Vialli, quasi da guru, come abbiamo potuto ammirare anche in occasione degli Europei vinti nel 2021 dall'Italia guidata dal suo gemello del gol, Roberto Mancini. Come ci ha fatto vedere Sogno Azzurro, il bel documentario con il quale la Rai ha raccontato la vittoria europea della Nazionale, Vialli durante il ritiro e nei pre-partita ha rappresentato una figura di riferimento per tutto l'ambiente, andando anche al di là del mero ruolo di 'capo delegazione'. 

    Ispiratore e leader carismatico, Vialli ha saputo toccare il cuore sia di chi gli stava vicino che di chi lo conosceva solo come personaggio pubblico: lo ha fatto come calciatore prima e poi come allenatore e dirigente, ma anche come scrittore e attraverso l'impegno sociale, tramite la "Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport", una ONLUS che ha lo scopo di raccogliere fondi per la ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica.  
     
    DA CREMONA A WEMBLEY - Ne aveva fatta di strada, Gianluca, da quando nel 1984 la Sampdoria di Paolo Mantovani lo prelevò, appena ventenne, dalla squadra della sua città, la Cremonese, per lanciarlo nel calcio che conta. Nacque un binomio pressoché indissolubile con il mondo blucerchiato, costituito prima dagli anni della crescita di una squadra giovane e di una società ambiziosa, e coronato poi dal periodo dei trionfi, con Boskov in panchina, fino alla finale di Coppa dei Campioni persa contro il Barcellona a Wembley. 

    In seguito, Vialli era passato attraverso altre avventure vincenti: la Juventus, il Chelsea, il ruolo di allenatore-giocatore prima e quello di allenatore dopo, per finire con la carriera di commentatore televisivo, fino al ritorno in Nazionale a fianco del Mancio. 

    Dopo aver esordito da ragazzino come esterno, Vialli era diventato negli anni '90 un centravanti moderno, in grado di giocare sia dentro l'area che di muoversi lungo tutto il fronte dell'attacco. Il palmares parla per lui: 673 partite e 259 gol con i club, 59 presenze e 16 gol in Nazionale; due scudetti (Samp e Juve), quattro Coppe Italia (tre alla Samp, una alla Juve), due Supercoppe italiane (Samp e Juve) una Champions League (Juve), due Coppe delle Coppe (Samp e Chelsea), una Coppa Uefa (Juve), una Supercoppa europea (Chelsea), una FA Cup (Chelsea) e una Coppa di Lega inglese (Chelsea). La chiusura del cerchio a livello sportivo, per Vialli era avvenuta nel 2021, con la vittoria azzurra proprio là, a Wembley, teatro della sconfitta più dolorosa da calciatore. E con l'indimenticabile abbraccio con Mancini dopo i rigori nella finale contro l'Inghilterra. 

    L'ADDIO - Nel 2022, una volta saputo che la malattia che aveva tenuto a bada per qualche anno questa volta non gli avrebbe dato scampo, Vialli ha chiuso il cerchio più importante, quello della vita, salutando con amore e consapevolezza familiari e amici: la moglie Cathryn e le figlie Olivia e Sofia, la famiglia d'origine, il gruppo della sua Sampdoria e le persone a lui più vicine. "Voglio che qualcuno mi guardi e mi dica: è anche per merito tuo se non ho mai mollato", scriveva Vialli. Ecco, un anno dopo la sua morte, sentiamo che quel messaggio è arrivato: sia a chi gli era vicino, sia a chi lo ha soltanto visto giocare o letto le sue pagine, o, semplicemente, lo ha visto sorridere.   

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