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    Vialli: 'Sogno di fare il presidente. Con la Samp ho pianto, mi voleva il Milan ma se sei innamorato...'

    Vialli: 'Sogno di fare il presidente. Con la Samp ho pianto, mi voleva il Milan ma se sei innamorato...'

    • Lorenzo Montaldo
    Luca Vialli nella sua carriera da calciatore ha realizzato praticamente tutti gli obiettivi che un professionista sogna. I ricordi dell'ex centravanti della Sampdoria non starebbero neppure in un libro, ed è difficile anche isolare i più belli. Nei primissimi posti, però, c'è un evento ben preciso, legato al blucerchiato: "Tanti: vincere lo scudetto con la Sampdoria, sicuramente. Era la prima volta della storia, completavamo un percorso, dimostravamo che davvero Davide può vincere contro Golia" ha raccontato a La Gazzetta dello Sport. "Prima ancora ero nella Cremonese che tornò in A dopo cinquant’anni. Alla Juve, poi, la vittoria in Champions. Ancora oggi la gente mi dice: “Lei è l’ultimo capitano che ha alzato la coppa”. Per un paio d’anni questa cosa mi aveva fatto anche piacere, adesso dico: “Ma come? E tutto il resto che ho fatto, se lo sono dimenticato?”. E poi mi piacerebbe essere stato il capitano che ha vinto la coppa di una società che la coppa se la deve assicurare almeno un anno sì e tre no. Anche da allenatore ho avuto momenti di grande soddisfazione. Vorrei dire che sono stato fortunato, però se lo dico svilisco il culo che mi sono sempre fatto".

    Vialli ricorda anche delle lacrime con la maglia doriana: "Sì, dopo la finale di Champions a Wembley contro il Barcellona, con un goal di Koeman a pochissimo dalla fine. Sapevo che sarebbe stata la mia ultima partita in blucerchiato e quindi c’era, dal punto di vista emozionale, un doppio carico. Anche Roberto era molto deluso e nello spogliatoio, quando tutti se n’erano andati, abbiamo cominciato a piangere. Boskov entrò e ci disse: “Uomini non piangono , quando perdono partita”. Ma io non ci ho mai trovato niente di cui vergognarsi. È giusto e l’ho imparato anche in quest’ultimo periodo. Me lo dice sempre mia moglie: se hai qualcosa dentro, devi farlo venire fuori. Se devi piangere fallo, piangi, emozionati. Sono sempre stato d’accordo con Boskov, ma non in questo caso".

    I sogni per il futuro di Gianluca Vialli quali sono? Uno lo ha accarezzato da vicino sino ad un anno fa: "Vorrei vivere ancora per qualche anno almeno, ho tante cose che voglio fare. Sono felicissimo di fare il capo delegazione dell’Italia. Un giorno mi piacerebbe, dopo aver imparato, fare il presidente di una squadra. Farei un sacco di cavolate, però ho anche tante idee e tante cose che vorrei provare a cambiare, per rendere il calcio uno sport migliore".

    La sua idea manageriale è ben precisa: "Vorrei che le società di calcio fossero più sostenibili dal punto di vista economico-finanziario, che non fossero sempre sull’orlo del precipizio, che ci fosse più fair play, che le società facessero più per la comunità, che il tifoso non fosse soltanto un cliente ma anche un partner veramente coinvolto nella vita della società. Vorrei creare un ambiente di lavoro in cui ci siano tanti valori e creare una cultura giusta per crescere come uomini e come giocatori. Sono idee un po’ da sognatore, da idealista. Ma so che nello sport bisogna vincere. Se vinci le partite guadagni più soldi, hai più sponsor e se guadagni più soldi puoi investirli nella tua idea di società. È una sfida che mi interessa".

    Vialli ha poi raccontato un retroscena della sua carriera, ossia quando il Milan provò a prelevarlo: "Ero alla Samp da due anni, ero talmente coinvolto nel progetto per cui non mi sembrava bello lasciare. Poi vivevo bene, ero pieno di amici, appunto i ragazzi della Samp, sole, mare, si mangiava bene. Il Milan era il nuovo Milan di Berlusconi, lo guardavamo con ammirazione. Però se sei innamorato di una ragazza, ne viene un’altra, fai fatica… In effetti non so se sia un paragone calzante, io a volte non ho fatto così fatica… Però ero troppo preso dalla Samp, la ragazza di allora. La Juventus? Avevo ventotto anni, avevamo completato la missione Samp, vinto lo scudetto, giocato la finale di Champions e ritenevo che fosse il momento giusto per cambiare. Eravamo d’accordo con il presidente Mantovani, anche lui voleva monetizzare, magari rifare un po’ la squadra e prepararsi ad un nuovo ciclo" conclude.

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