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Ventola a CM: 'Incubo scommesse finito, torno da L.A. e studio da ds'
Nicola Ventola si prepara a tornare in Italia, per ricominciare una vita e un'attività professionale interrotte bruscamente un anno fa, quando all'ex attaccante, classe 1978, viene comminata una squalifica di tre anni e mezzo per illecito sportivo. L'accusa è quella di aver partecipato alla combine del match di Coppa Italia fra Chievo e Novara (dove Ventola giocava) del 30 novembre 2010. Accusa e condanna totalmente ribaltate il 23 aprile 2013, quando il Tnas annulla la sentenza. Ventola è innocente, è la fine di un incubo. E i progetti interrotti un anno fa possono ripartire. Da Los Angeles, dove si è trasferito con la famiglia alla fine della scorsa, caldissima estate, Ventola ripercorre la sua vicenda in esclusiva per Calciomercato.com: il calcioscommesse, la carriera di calciatore (con le maglie di Bari, Inter, Bologna, Atalanta, Siena, Crystal Palace, Torino e Novara) e i sogni per il futuro.
Tre anni e mezzo di squalifica, poi annullata dal Tnas. "Mi hanno ammazzato per un anno e mezzo, adesso mi rialzo", ha dichiarato in una recente intervista concessa al collega Giulio Mola del Giorno.
"Lo confermo. Oltre che un danno morale per me e per la mia famiglia, sono stato anche colpito professionalmente, in un momento critico della mia carriera. In quel momento ero a Sky, avevo la possibilità di andare a lavorare negli Emirati Arabi, avevo in programma di fare il corso per diventare direttore sportivo: niente da fare, tutto è stato bloccato dal processo e dalla squalifica".
Ora, a mente fredda e dopo l'annullamento della sua squalifica, come valuta la vicenda calcioscommesse nel suo insieme?
"Bisogna distinguere due piani. Sicuramente, da una parte, c'è della gente che ha sbagliato e che paga e pagherà. Dall'altra, invece, c'è il sistema della giustizia sportiva, che va riformato. Chi va in carcere si spaventa e parla, accusando anche qualcuno solo per aver sentito dire alcune cose, de relato, senza avere testimonianza diretta. Queste accuse, nei processi della giustizia ordinaria, dovranno essere provate in vari gradi di giudizio. Nella giustizia sportiva, invece, in particolare nel primo e secondo grado, ti inchiodano senza che tu possa fare quasi niente. Diversa cosa, invece, è il Tnas, che mi è piaciuto perché lì c'è la possibilità di un confronto con chi ti accusa".
Intanto, la giustizia sportiva non è ancora stata riformata. E con l'onere della prova a carico di chi si difende, invece che a carico di chi accusa, e con i tempi ristretti che di solito vengono adottati, il rischio di altri 'casi Ventola' persiste...
"Sicuramente è un sistema che va cambiato. Mi ricordo che gli avvocati erano disperati, era come se fossero chiamati a fare un lavoro diverso da quello che normalmente fanno nelle aule di tribunale. Sicuramente l'inversione dell'onere della prova è un aspetto da riformare. Il primo e secondo grado di giudizio della giustizia sportiva sono da riformare. E poi c'è anche la questione della velocità dei processi. I campionati devono iniziare, d'accordo, ma per fare in fretta non si possono calpestare le persone".
Ora cosa sta facendo?
"Come dicevo, i miei progetti professionali l'estate scorsa si sono fermati e quindi, da settembre, mi sono trasferito a Los Angeles con la mia famiglia. Mia moglie ha avuto un'occasione di lavoro qui è siamo partiti".
E per il prossimo futuro, quali sono i progetti?
"Ci piacerebbe anche restare qui, perché ci troviamo bene. Ma a giugno penso che torneremo in Italia e il progetto è quello di fare, finalmente, il corso per diventare ds. L'idea, per il mio futuro, è quella di fare il dirigente. L'allenatore no: c'è chi ha nelle sue corde quel tipo di attività, io non ce l'ho".
Guardando al suo recente passato da calciatore, qual è l'esperienza o la squadra alla quale è rimasto più legato?
"L'inizio della mia carriera è stato fantastico. Da bambino tifavo per il Bari, la squadra della mia città, e ho avuto la fortuna di fare tutta la trafila con quella maglia. Sono arrivato a undici anni, a sedici ho esordito in prima squadra e fino a 19 ho vissuto gli anni più belli e spensierati della mia carriera. Se guardo invece ai numeri, per quando riguarda presenze e gol, la squadra dove ho giocato la parte migliore della mia carriera è sicuramente l'Atalanta (92 gare e 31 gol, ndr)".
E il giocatore più grande con il quale ha giocato?
"Ronaldo, senza dubbio. Nella mia carriera ho giocato anche con campioni come Baggio, Djorkaeff e Vieri, ma Ronaldo era una spanna sopra a tutti".
E gli amici? Nel mondo del calcio, ne ha? O quelli a cui è più legato fanno altri mestieri e frequentano altri ambienti?
"Devo dire che è difficile farsi dei veri amici fra compagni di squadra. E questo non per chissà quale motivo, ma semplicemente perché si cambiano spesso città, squadra e compagni. Di veri amici nel mondo del calcio ne conto due, non di più, coi quali mi sento abitualmente".
Ha qualcosa da rimproverarsi nella sua carriera? Avrebbe potuto fare e ottenere di più come calciatore?
"Alla fine credo di aver ottenuto per quando ho dato. Certo, se guardo all'inizio della mia carriera, l'aspirazione poteva essere quella di vincere di più e di fare qualcosa di più importante. Ma se guardo ai tanti infortuni che ho avuto, alle nove operazioni a cui sono stato sottoposto, allora mi posso anche ritenere soddisfatto per quanto sono riuscito a fare nonostante tutti questi problemi fisici. Ho giocato in Serie A, in squadre importanti, ho giocato in Champions League, ho vinto un Europeo Under 21. L'unico rammarico forse resta quello di non aver esordito nella Nazionale maggiore, dove al massimo sono arrivato a sedermi in panchina, con Zoff ct".