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  • Valerio Spadoni, un futuro rubato: il crac al ginocchio e l'amore per i fumetti

    Valerio Spadoni, un futuro rubato: il crac al ginocchio e l'amore per i fumetti

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    E’ il 25 gennaio del 1976.

    Valerio Spadoni viene da un grave infortunio patito nella stagione precedente.

    Uno strappo all’adduttore contro il Milan alla 4a giornata del campionato precedente lo ha tenuto lontano dai campi di gioco per quasi tutta la stagione.

    E’ rientrato solo a fine marzo dell’anno successivo.

    Fino a quel momento era stato una delle note più liete della storia recente giallorossa.

    Valerio sta però faticando a ritrovare il posto in squadra.

    Una rete alla sua prima apparizione in campionato alla 3a giornata contro il Verona ha convinto Nils Liedholm a ridare fiducia al ragazzo dopo che la sua partenza nel “mercatino” dei trasferimenti autunnale era praticamente data per scontata.

    Quel giorno all’Olimpico arriva l’Inter.

    Con una Roma pericolosamente vicina alla zona retrocessione alla vigilia si prevede che il “Barone” svedese opti per uno schieramento più prudente con Guglielmo Bacci al posto proprio di Spadoni per dare maggiore copertura al centrocampo giallorosso.

    Liedholm però decide di non rinunciare alla classe e all’estro del romagnolo.

    La sua velocità, il suo dribbling e i suoi calibrati cross possono essere un’arma vincente soprattutto con un centravanti come Pierino Prati che nel gioco aereo ha ben pochi rivali.

    Sono passati poco più di venti minuti di gioco.

    Siamo ancora sullo zero a zero.

    “Picchio” De Sisti è in possesso di palla sulla trequarti. Valerio Spadoni si inserisce centralmente dettando il passaggio. De Sisti lo vede e gli appoggia il pallone.

    Il controllo di Spadoni in piena velocità è perfetto.

    Un tocco e arriva al limite dell’area.

    Carica il suo sinistro e mentre sta per calciare il terzino interista Graziano Bini che aveva lasciato la marcatura di Prati per andare a chiudere sul numero “11” giallorosso lo anticipa di una frazione di secondo rinviando il pallone.

    Sullo slancio però colpisce in pieno la gamba sinistra di Spadoni che stava “caricando” il tiro.

    L’impatto è terribile.

    Bastano pochi secondi per rendersi conto della gravità dell’infortunio.

    Bini scoppia in un pianto disperato e sono tanti i compagni e gli avversari che si portano le mani al viso o nei capelli.

    Il ginocchio di Spadoni è in frantumi.

    Non solo il ginocchio purtroppo.

    C’è addirittura una lesione al nervo sciatico.

    E’ una sentenza.

    Valerio Spadoni ci riproverà con la costanza e l’ottimismo tipico della gente della sua Romagna.

    Sarà tutto inutile.

    Tornerà a Rimini nella stagione successiva ma senza riuscire a rimettere piede in un campo di calcio.

    Non ha ancora ventisei anni ma la sua carriera finirà in quello stesso giorno.



    Siamo a Lugo, un piccolo borgo della Romagna.

    C’è un ragazzino smilzo, agilissimo e con un piede sinistro di un livello tale che tutte le squadre professionistiche della regione hanno già nel taccuino.

    Non è un attaccante puro ma alla sua prima stagione nel calcio che conta (Baracca Lugo in serie D) segna 10 gol in 29 partite.

    C’è però una società che si muove prima delle altre.

    Lo ha fatto tante volte in passato e lo sta facendo ancora oggi.

    E’ l’Atalanta, la squadra di Bergamo che quando c’è un giovane promettente sa fiutare l’affare prima di altre.

    La “DEA” mette sotto contratto il 18enne romagnolo.

    La malasorte, che non lo mollerà mai per tutta la carriera, lo ha già messo nel mirino.


    Un incidente automobilistico gli preclude l’imminente esordio nella massima serie.

    I tempi di recupero sono lunghi e la stagione 1968-69 vola via con Valerio ai box.

    Viene rimandato in prestito al Baracca Lugo.

    E qui Valerio ritrova se stesso.

    Stavolta i gol sono 12 in 31 partite.

    Dovrebbero essere sufficienti per garantirgli il ritorno a Bergamo.

    L’Atalanta, retrocessa in Serie B, non ci crede.

    Per Valerio si fa avanti il Rimini.


    Serie C, niente di più e niente di meglio.

    Ma gioca a casa sua, dove lo conoscono e lo apprezzano tutti.

    Saranno due stagioni eccellenti. Nella prima addirittura trionferà nella classifica dei marcatori con 15 reti, lui che prima punta non è e che ama partire da lontano e senza troppi “vincoli” tattici.

    A questo punto però il nome di Valerio Spadoni torna a circolare ad alti livelli.

    Chi si “invaghisce” follemente di lui è un signore che nel calcio qualcosa nel calcio ha vinto e che a giudicare i calciatori sbaglia assai di rado.

    Lo chiamano “il mago” e di nome fa Helenio Herrera Gavilan, argentino di Buenos Aires e all’epoca allenatore della Roma.

    Viene acquistato pochi giorni dopo la fine del campionato e immediatamente buttato nella mischia a giugno per il Trofeo Anglo-Italiano.

    Sei squadre inglesi e sei italiane.

    Alla fine sarà proprio la Roma ad aggiudicarsi il trofeo (prima squadra italiana a riuscirci!) e l’impatto di Valerio va aldilà delle attese più rosee.

    Tre reti in cinque partite e con il popolo giallorosso che si innamora immediatamente di questo mancino che ha corsa e tecnica.

    La sua prima stagione alla Roma sarà una delle più tribolate della storia giallorossa presieduta da Gaetano Anzalone.

    Dopo un inizio esaltante (tre vittorie e due pareggi e primo posto in classifica) con Spadoni capace di andare in rete ben quattro volte la Roma entra in un processo involutivo che la porterà a flirtare con la retrocessione per buona parte del campionato.

    Herrera non riesce a rimettere in carreggiata la squadra e verrà sostituito a metà campionato dall’allenatore della Primavera Antonio Trebiciani.

    La salvezza sarà raggiunta solo all’ultima giornata contro la Juventus che con il pareggio dell’Olimpico e la contemporanea sconfitta del Milan a Verona si metterà sul petto lo scudetto.

    La nota più lieta di quella tormentata stagione sarà proprio lui, Valerio Spadoni che con sette reti in campionato e nove in totale sarà il miglior realizzatore dei giallorossi.

    Nella stagione successiva con l’arrivo di Pierino Prati al centro dell’attacco Valerio viene impiegato sempre più di sovente sulla fascia sinistra, ruolo in cui si cala alla perfezione.

    I gol diminuiscono sensibilmente (solo due in ventinove partite) ma il suo contributo rimane di altissimo livello.

    E’ un beniamino del popolo giallorosso.

    Per lui arriva la convocazione della Nazionale Under-23 con Bearzot che stravede per il mancino di Lugo.

    Valerio ricambia la fiducia del “Vecio” con tre reti in quattro incontri.

    La stagione 1974-75 sarà una delle più positive della storia recente della Roma.

    L’esplosione di Francesco Rocca, la leadership in difesa di Sergio Santarini, una coppia di mezze ali del valore di Ciccio Cordova e Picchio De Sisti e la ritrovata vena realizzativa di Pierino Prati portano la Roma alla conquista di un prestigioso terzo posto finale ... che avrebbe potuto essere ancora migliore senza la disastrosa partenza in campionato (due punti nelle prime cinque partite) e senza l’infortunio di Valerio alla 5a di campionato contro il Milan.

    Uno strappo all’adduttore che costringerà ai box per cinque mesi l’esterno giallorosso che rientrerà soltanto il 31 marzo dell’anno successivo alla 24ma di campionato contro il Cagliari.

    Con un Prati tornato ai livelli del Milan di qualche anno prima sono in tanti quelli convinti che con i cross dalle fasce di Valerio Spadoni sarebbe arrivato qualche gol in più capace di portare ancora più in alto una Roma che ha finalmente lasciato alle spalle i “tempi cupi”.

    Il destino però, non si accontenta.

    E presenterà il suo conto definitivo in quel maledetta domenica di fine gennaio del 1976.



    ANEDDOTI E CURIOSITA’

    Spadoni, come detto, ebbe un impatto enorme al suo arrivo alla Roma. Oltre alle reti e agli assist divenne celebre per una giocata davvero particolare che riscosse l’ammirazione di tifosi e compagni di squadra.

    Valerio, palla al piede, scattava sulla fascia sinistra. Poi si fermava di colpo, fingeva di stringere verso il centro mentre invece, con il destro, rilanciava la palla davanti a sé in verticale, guadagnano praticamente sempre la linea di fondo dove, con il suo magico sinistro, sapeva pennellare splendidi cross per i compagni d’attacco.

    Tutti conoscevano questa finta, avversari compresi.

    ... eppure non riuscivano a fermarlo comunque!

    L’idolo di Valerio Spadoni, milanista nel cuore, era Gianni Rivera.

    Per lui, come per il compagno di squadra Franco Peccenini anche lui tifoso milanista, l’arrivo alla Roma di Pierino Prati nell’estate del 1973 proprio dal Milan fu un evento assoluto.

    «Eravamo quasi in soggezione di lui» raccontarono spesso entrambi. «Nazionale, vincitore di tutto con il Milan, tre gol in una finale di Coppa dei Campioni ... all’inizio fummo quasi tentati di chiedergli l’autografo! ... per poi accorgerci nel giro di pochi giorni che Pierino era una delle persone più umili, semplici e simpatiche di questo mondo!»

    Degli anni romani Valerio ha sempre conservato un bellissimo ricordo.

    A cominciare dal Presidente Anzalone.

    «Una persona meravigliosa, di grande umanità. Cosa non facilmente riscontrabile nel mondo del calcio».

    Ma è per il “mago” Herrera che Spadoni spende le parole più belle.

    «Un personaggio straordinario, di una competenza calcistica enorme. Rimase poco tempo alla Roma. Fu la dimostrazione che senza calciatori di livello vincere nel calcio è impossibile. Anche per uno come lui»

    «Nils Liedholm fu un altro grande allenatore. Fu lui a trovarmi la migliore posizione in campo.

    Avevo sempre giocato centralmente, da seconda punta o da “mezza punta”. Il Barone invece mi mise sulla fascia sinistra, dove mi trovavo a meraviglia ... anche se per la prima volta in carriera avevo compiti difensivi perché quando il mio terzino si sganciava dovevo seguirlo!

    «A Roma avevo legato con tutti. Eravamo davvero “una squadra” e la stagione 1974-75, quella del terzo posto, ne fu il risultato. Anche se in quella stagione soffrii come non mai a stare fuori a vedere i miei compagni giocare così bene e vincere. Il migliore amico fu Giorgio Morini. Vivevamo nella stessa palazzina e ci trovavamo spessissimo anche fuori dal campo.

    Sulla semplicità e la simpatia di Spadoni nessuno tra quelli che lo hanno conosciuto ha un solo dubbio. La dimostrazione più evidente è quando gli viene chiesto del suo famoso gol contro la Lazio segnato praticamente da centrocampo e rimasto nella memoria dei tifosi giallorossi.

    «Ma quale grande gol!» è la replica di Spadoni.

    «Vidi scattare Pierino Prati. Quel pallone era per lui. Fu il vento a fargli prendere quella traiettoria! E anche Felice Pulici, il portiere della Lazio, ci mise del suo!»

    Terminata la carriera agonistica Valerio Spadoni si è dedicato anima e corpo ad una delle sue grandi passioni che presto trasformò nella sua nuova professione: i fumetti. A Lugo mise in piedi un negozio che diventò un autentico punto di riferimento per tutti gli appassionati della zona. Non c’erano però solo fumetti ma anche alcune autentiche “chicche” da collezione.

    Infine il ricordo più doloroso.

    Lo scontro con Graziano Bini.


    «Graziano era dispiaciuto e amareggiato. Mi dissero che in campo scoppiò in lacrime. Venne a trovarmi in ospedale. Glielo dissi allora e lo penso ancora oggi. Era destino. Tutto qua. Non gliene feci mai una colpa».

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