
Un italiano vicepresidente in Messico, tra iguane e jacuzzi allo stadio: 'Sogno Dybala per il mio Cancun'
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Com’è nata l’idea di andare in Messico?
"Uno dei miei mentori nella Columbia University di New York mi aveva presentato un progetto sul quale stava lavorando con Netflix: una serie che parlava di una squadra fittizia messicana; andò benissimo, tanto che si vendevano più magliette di questa squadra che di quelle vere".
Così hai deciso di trasformare un copione in realtà.
"Dopo un periodo durante il quale ho lavorato con Andrea Radrizzani nel Leeds ho un nuovo progetto insieme a Jeff Luhnow, un businessman americano che aveva già investito nel baseball in MLB: dopo un'esperienza di un anno e mezzo con un altro club abbiamo comprato il Cancùn".
Inizia una nuova vita.
"La squadra è nata a maggio 2020 in pieno Covid, quando l'abbiamo presa aveva un solo anno e rappresenta la seconda meta turistica a livello mondiale. Non c'era nulla, siamo partiti da zero diventato oggi la squadra più giovane del Messico, con la dirigenza più giovane i tifosi con l'età media di tutto il Paese. Ma c'è molto altro".
Raccontaci.
"Lo stadio era abbandonato, l'abbiamo fatto diventare una sorta di centro commerciale. Nell'impianto abbiamo costruito una jacuzzi, c'è il barbiere, il tatuatore e come prossimi progetti vorremmo inserire una casa sull'albero e una zipline".

Qual è il tuo ruolo nel Cancùn?
"Ho 30 anni e da tre sono vicepresidente e direttore generale, ma mi occupo di tutta l'organizzazione del club: il presidente è Jeff, ma venendo in Messico sei giorni all'anno la gestione generale ce l'ho io in mano. Fino a qualche anno fa ho fatto spesso su e giù tra il Messico e Roma perché con i Friedkin avevamo iniziato una collaborazione sull'analisi dati, ma dopo i primi sei mesi ci siamo resi conto che avevamo molto lavoro e non saremmo riusciti a seguire tutto".
Cosa altro gestitite oltre il Cancùn?
"Abbiamo il Leganès in Spagna, il Vyskov primo in seconda visione della Repubblica Ceca e un'accademia a Dubai dove portiamo i migliori giocatori africani".
Ma la gran parte del lavoro è in Messico.
"Abbiamo preso un club partendo da zero. Qui no c'era nulla: lo stadio era abbandonato, i tifosi non esistevano e nessuno conosceva questa squadra. Grazie a una campagna di marketing abbiamo avvicinato i giovani al Cancùn diventando la new generation del Messico. Volevamo creare un club in linea con le nuove generazioni, facendolo diventare un brand: così abbiamo trovato nuovi sponsor, le nuove maglie sono firmate Nike e il nostro riferimento era diventato il Venezia".
E oggi riempite lo stadio.
"Tutti tifano Cancùn, perché tutti i ragazzi che prima non avevano una squadra da seguire si sono appassionati alla nostra realtà, e piano piano hanno coinvolto anche i genitori. Noi siamo il primo caso nel quale anziché trasmettere la passione di padre in figlio si è passata da figlio a padre".
Chi è il tuo modello?
"Quando giocavo in Serie C al Fano, squadra della mia città, non avevo un calciatore come idolo. Le mie ispirazioni sono sempre state Florentino Perez e Gianni Agnelli. Ancora oggi mi sveglio la mattina con il poster dell'ex presidente della Juventus in camera. E in quel Real Madrid dei Galacticos, tra Zidane, Raul, Figo e Beckham, io avevo occhi solo per Florentino. Sono sempre stato interessato a quello che c'è dietro al calcio".

Hai trasformato Football Manager nella vita reale.
"Io vivevo con quel gioco... Ricordo ancora le partite con il Leeds di Viduka e Kewell, quando poi sono andato a lavorare con Radrizzani è stato un sogno. Il mio sabato pomeriggio ideale era Football Manager e le telecronache di Marianella che raccontava la Premier League".
Come mai hai scelto l'iguana come simbolo del club?
"Il primo giorno a Cancùn ero rimasto sorpreso da quante iguane giganti girino per la città, ce ne sono tante quanti sono i piccioni in Italia. E' un simbolo di riconoscimento della città".
Siete in seconda divisione messicana, come sta andando la stagione?
"Durante il Covid hanno bloccato promozione e retrocessioni fino al 2025 perché c'erano alcune squadre che non volevano far scendere, ma io mi sono fissato l'obiettivo di salire in prima divisione al massimo tra quattro anni".
Poi il colpo di mercato?
"Il mio sogno è portare Carlos Vela a Cancùn. Lui è nato qua e da noi lavorano i suoi due fratelli. Un altro nome che mi piacerebbe portare è Dybala, conosco l'agente e da noi c'è una grande comunità argentina. Se saliamo in prima divisione possiamo lavorare davvero a un grande colpo, la nostra idea è fare quello che ha fatto l'Inter Miami in MLS con la differenza che qui abbiamo una disponibilità economica maggiore".
Ti piacerebbe tornae a lavorare in Italia?
"Al momento non sono molto interessato, mi è capitato spesso che con me fossero prevenuti per via dell'età. Si pensa che un ragazzo giovane non possa fare grandi cose, esiste una mentalità gerarchica che all'estero non hanno. Purtroppo la mentalità è un po' limitata, l'unica proposta che potrebbe farmi cambiare idea è se dovesse arrivare un'offerta importante dalla Roma: mi piacerebbe vincere uno scudetto con i giallorossi per la passione che c'è in quella città".
@francGuerrieri