Un cappuccino con Sconcerti: Suarez non è Recoba, ma dargli il passaporto in pochi giorni è una prepotenza
Spero finisca con dignità comune la storia della cittadinanza italiana di Suarez. Averla in pochi giorni e con seduta straordinaria dell’Università per stranieri di Perugia mi sembra un modo molto pellegrino. Non c’è certamente niente di illegale, ma c’è certamente qualcosa di troppo eccezionale. Per avere la cittadinanza in un grande paese pensavo che prima di tutto servisse averci vissuto almeno un giorno e aver dimostrato di farlo nei giusti modi. Ci sono persone nate in Italia che non la possono avere. Ci sono migliaia di altri che nemmeno vengono accettati nel paese. Mi sembrava una storia più seria.
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Lo so, l’Inter con Recoba fece qualcosa di molto più grave, s’inventò un passaporto, ma due brutte storie non si annullano a vicenda, semmai raddoppiano. E non mettiamo sempre il calcio davanti a tutto. C’è anche un buon senso comune. La Juve rimedia a un errore soltanto suo, ha chiuso da poche settimane, con l’arrivo dell’americano McKennie, la disponibilità di spazio per “lavoratori” extracomunitari. Così l’unica possibilità è trasformare in italiano un signore urugaiano che lavora in Spagna. Benvenuto all’amico d’oltreoceano, la mia casa è la sua se crede. Ma farlo diventare italiano in pochi giorni mi sembra una prepotenza al senso civico degli altri.