Sconfitte in serie. Se fosse il campionato dei tribunali civili, Doyen Sports Investments sarebbe una squadra materasso: perde regolarmente. È successo un’altra volta lo scorso 10 marzo, ma la notizia è stata diffusa soltanto nella serata di ieri. Il Tribunale d’Appello di Bruxelles ha rigettato la richiesta avanzata congiuntamente dal fondo maltese, dalla Liga spagnola e dal Seraing, club della serie B belga che a causa dei rapporti con Doyen ha subìto una batosta. Oggetto del ricorso era la sospensione della Circolare Fifa 1464, che dal 1° maggio dell’anno scorso ha messo definitivamente al bando il ruolo delle terze parti nel controllo dei diritti economici dei calciatori. Un tentativo era già stato condotto presso il Tribunale di Prima Istanza della stessa capitale belga, che il 25 luglio dell’anno scorso aveva rigettato la richiesta. E otto giorni fa è arrivata la bocciatura bis. Come viene annunciato con grande soddisfazione sul sito web della Fifa, il tribunale d’appello non si è limitato a bocciare il ricorso di Doyen e dei suoi sodali, ma ha anche sottolineato “l’opacità della proprietà dei diritti economici da parte di terzi”, “l’assenza di controllo”, e la “creazione di un ambiente propizio alla corruzione e a altre pratiche fraudolente”. Per tutte queste ragioni i giudici belgi hanno ravvisato l’assenza di condizioni lesive della libera concorrenza, ciò che costituiva l’argomento sul quale i ricorrenti hanno basato l’azione legale. E leggendo queste righe si prova quasi tenerezza nel valutare i goffi tentativi, da parte di Doyen, di far circolare un’altra lettura, meno sfavorevole alla realtà delle cose e sostanzialmente in fuga da essa. Una fonte non meglio precisata del fondo ha dichiarato all’agenzia di stampa portoghese Lusa che “la decisione del tribunale è molto importante poiché riconosce la validità degli argomenti in difesa delle TPO”. Hanno visto un altro film. Il portavoce di Doyen aggiunge che dalla Corte d’Appello è giunta indicazione affinché del tema si occupi la Corte di Giustizia Europea; ciò che già il Tribunale di Prima Istanza aveva consigliato, e dunque nessuna novità. Dove stia la notizia positiva per Doyen, non è dato sapere. Anche perché, guardando all’altro versante, l’offensiva presso le istituzioni europee non parte sotto i migliori auspici. Raccontano che in occasione del dibattito tenuto lo scorso 28 gennaio presso lo Sport Intergroup del Parlamento Europeo il senhor Nelio Lucas non abbia rimediato una gran figura. Inoltre, a stoppare le velleità di Doyen e del suo CEO ha provveduto una dichiarazione congiunta firmata in data 11 novembre 2015 da un gruppo di parlamentari europei, fra i quali l’italiano Antonio Tajani. E si tratta di un documento nel quale la condanna del modello di TPO/TPI è totale e inequivoca. Va a finire che l’unico giudizio favorevole a Doyen emesso da un foro giurisdizionale è quello pronunciato a fine dicembre dal TAS, nel quadro del conflitto con lo Sporting Clube de Portugal a proposito della cessione di Marcos Rojo al Manchester United. Una sentenza, quella del TAS, che ha confermato quale sia la logica d’azione del tribunale arbitrale. Si tratta di un soggetto giurisdizionale che guarda soltanto alla violazione di un contratto, ma se ne infischia di quali siano le condizioni in cui quel contratto è stato firmato e le eventuali violazioni delle regole che esso comporta. È il momento di mandare in pensione questo tribunale e di pensare a un soggetto più adeguato alla mutata struttura economica dello sport globale.