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  • Inter, Lautaro Martinez: "Io e Inzaghi sottovalutati. Non segno perché gioco lontano dall'area, ora tocca a Thuram"

    Inter, Lautaro Martinez: "Io e Inzaghi sottovalutati. Non segno perché gioco lontano dall'area, ora tocca a Thuram"

    • Simone Gervasio
    Lautaro Martinez, attaccante e capitano dell’Inter, si è concesso a una lunga intervista sul Corriere della Sera nella quale ha ripercorso l’attualità e il suo difficile passato in Argentina. Questi gli estratti più significativi.

    NATALE – “C’è molta differenza tra il Natale di oggi e quello di ieri in Argentina. I miei genitori lavoravano tutto l’anno per poter regalare qualcosa a me e mio fratello. Abbiamo vissuto periodi difficili, non avevamo i soldi per l’affitto e abitavamo in una casa che ci hanno prestato. Sono cose che ti rimangono dentro e ti legano ai tuoi famigliari".

    MANIACO DELL’ORDINE – “Credo sia una questione di salute mentale. Quando ero piccolo, tornavo a casa da scuola con mio fratello più grande e trovavo il pranzo già preparato da mia madre, che era fuori tutto il giorno a lavorare. La casa era un casino e prima di andare all’allenamento mi fermavo per sistemarla: rifacevo i letti, sistemavo la biancheria da lavare e facevo fare i piatti a mio fratello, perché mi dava molto fastidio vederli sporchi. Da piccolo non avevo niente. A volte non sapevo dove avrei dormito la sera. Sono cose che mi hanno marcato come uomo e tutto quello che ho passato cerco di trasmetterlo in campo. Fuori dal calcio, cerco sempre di dare una mano e sono felice di andare a trovare i bambini che non stanno bene: capisco quello che vivono, le loro difficoltà".

    CALCIO COME MEDICINA – “Il sogno di diventare calciatore come mio padre l’ho sempre avuto. Ma a 15 anni ho fatto una settimana in prova al Boca Juniors e mi hanno cacciato, dicendomi che non avevo né velocità, né potenza. Quando sono tornato a Bahia Blanca ho detto a papà che volevo divertirmi, lasciare il calcio e cominciare a lavorare. A fine anno è arrivato il Racing, offrendomi un altro provino: ho detto se mi volete vengo, ma prove non ne faccio più. E mi hanno preso”.

    PROBLEMI DEL FRATELLO – “Me li hanno nascosti, questo fa capire quanto i miei genitori hanno protetto il mio sogno di diventare calciatore professionista. Mi hanno avvertito quando era già uscito dall’ospedale. E dopo due anni di cure tutto si è risolto. Lui ha dieci mesi più di me, siamo legatissimi e quando io sono andato via da casa ha sofferto tantissimo".

    IL LAVORO CON GLI PSICOLOGI – “All’esordio in prima squadra ho preso due gialli in due minuti per due scivolate: vivevo tutto come una battaglia, perché volevo sempre dimostrare qualcosa. Gli psicologi mi sono serviti tantissimo: a essere più tranquillo, a pensare due-tre secondi in più alle cose e anche nel dialogo con l’allenatore. Dettagli che fanno la differenza”.

    PRODUTTORE DI VINO – “Una cosa in cui credo molto. Non l’ho mai detto a nessuno, ma quando ero al Mondiale due anni fa ho perso tutta la vendemmia per un incendio nel deposito: ventunomila bottiglie sono andate in fumo. Me l’hanno raccontato solo a torneo finito, per non farmi perdere la concentrazione. Ma anche queste sono esperienze che ti rafforzano. E i progetti attorno ai vigneti a Mendoza crescono: ci saranno albergo, spa, palestra, negozio”.

    CRISI GOL – “Sono un attaccante e vivo per il gol. Però si deve anche analizzare la partita che uno fa. E io in questi mesi sto giocando più lontano dall’area, perché mi piace far salire la squadra: è una cosa che sto aggiungendo al mio gioco e mi sento bene così. Marcus Thuram sta più centrale e più avanzato, ma non è una cosa studiata: nasce dalla nostra intesa in campo. L’anno scorso spesso era lui che arretrava un po’ o si allargava, adesso tocca a lui fare più gol”.

    ESTATE DIFFICILE – “Dopo la vittoria della Copa America sono tornato qualche giorno prima dalle ferie per l’infortunio di Taremi e ho avuto qualche difficoltà: il corpo a volte ti presenta il conto. Adesso però sto meglio. A volte mi sento un robot, altre volte no: riposare mi piace poco, ma a volte le gambe non rispondono, a volte è la testa che non va. Le due cose devono essere collegate e bisogna essere bravi a gestirsi. L’importante, anche quando le cose non riescono come vuoi tu, è dare sempre il 100 per cento. Questa è una cosa che mi porto dentro e cerco di trasmetterla alla squadra da capitano. Spero di sbloccarmi e che poi i gol arrivino tutti insieme. Del resto mi è già successo. L’importante è stare tranquilli e lavorare nel modo giusto. Sempre”.

    VITTORIA SULLA LAZIO – “Quello è stato un segnale importante e dobbiamo continuare a lavorare sull’intensità. Anche perché il campionato quest’anno è ancora più difficile ed equilibrato. Quando ho detto quelle cose, la squadra si divertiva in campo e si vedeva. E forse finora abbiamo dato la sensazione di divertici un po’ meno. Ma sappiamo sempre cosa fare, come trovare il compagno: Inzaghi ci lascia libertà di esprimerci al massimo”.

    SETTIMO AL PALLONE D’ORO –
    “Ci sono vari aspetti, ma credo di aver fatto un anno importante, non solo perché sono stato capocannoniere in Copa America e in Serie A, ma anche per il modo di giocare. A volte sì mi sento sottovalutato. Però i trofei di squadra hanno un peso diverso”.

    OBIETTIVI – “Io ho lo sguardo cattivo già il giorno prima della partita. L’importante è essere sempre concentrati, soprattutto quando le cose vanno male. E questo Inzaghi lo sa gestire benissimo. Voglio tutto. Quando inizi a vincere, non ti vuoi fermare perché sai quanto è bello essere ripagati del lavoro fatto. E questa mentalità voglio trasmetterla anche nelle partitelle. Ho avuto la fortuna di vincere il Mondiale e pensavo che non ci fosse più niente dopo: ma c’è tanto altro”.

    INZAGHI SOTTOVALUTATO – “Secondo me sì. Il suo segreto è che continua a volte a pensare come un calciatore, quindi ci capisce tantissimo e vive le cose come noi. Per me poi la fortuna è doppia, perché lui è stato attaccante e quindi mi lascia la testa libera e il sorriso. Sono cose molto positive. Io con Conte ho imparato tantissimo e lo ringrazio. Con Inzaghi sento di essere cresciuto a livello altissimo”.
     

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