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    Ultrà in Senato, tifare non è un lavoro

    Ultrà in Senato, tifare non è un lavoro

    • Fernando Pernambuco

    Speriamo finalmente che il governo, ma non solo, se ne occupi seriamente. Confidiamo che dopo il cruciale incontro di ieri, si mobilitino anche la Presidenza della Repubblica e, con un po' di pazienza, la Commissione Europea, seguita a ruota dall'Onu. L'incontro si è svolto in un aula del Senato della Repubblica Italiana e ha visto da una parte una serie di illustri parlamentari, dall'altra i rappresentanti di 25 gruppi di ultrà italiani. Vito Crimi del M5S, Loredana De Petris e Paolo Cento di Sel, Mario Tullo del Pd e addirittura il capogruppo leghista al Senato Gian Marco Centinaio hanno voluto sentire il grido di dolore che si leva da una fetta rilevante della nostra compagine sociale. Una fetta particolarmente negletta e trascurata. Per non dire vessata. "Esponenti" del San Donà (rugby), della Fortitudo Bologna (basket) e di ben 23 squadre di calcio (Atalanta, Arezzo, Bari, Bologna, Cesena, Lazio, Milan, Napoli, Sampdoria, Udinese…) hanno finalmente potuto esprimere le loro ragioni in una prestigiosa sede istituzionale. 

    Pare che il motore di quest'iniziativa sia stato l'ex capogruppo grillino Crimi, il quale non pago di tanta attenzione, ha ascoltato anche Claudio Galimberti, il famigerato "Bocia", leader della curva dell'Atalanta. Con i suoi 9 Daspo, una condanna a 3 anni per lesioni (così riporta la Gazzetta dello Sport) e un regime di sorveglianza speciale (divieto di uscire dalle ore 22 di sera alle 6 del mattino per 18 mesi) il "Bocia", ha dettato al sensibile parlamentare grillino le  condizioni atte a restituire quella serenità ambientale necessaria all'espletamento ottimale delle proprie funzioni. 

    Dunque, in sintesi, oggi per poter ben operare l'ultrà necessita di: abolizione del doppio Daspo, eliminazione delle barriere nelle curve, cancellazione del divieto di petardi, fumogeni e striscioni non autorizzati; sì, invece alla modifica degli articoli 8 e 9 della Legge 41 del 2007 (divieto alle società sportive di agevolazioni e di vendita biglietti a soggetti condannati anche in via non definitiva), no alla tessera del tifoso, no alle multe per chi cambia posto. 

    E' chiaro che senza questi minimi cambiamenti per l'ultrà sarà difficile continuare a praticare con dedizione e competenza quella professione/missione verso cui, per altro, vige già una conclamata discriminazione. L’ultrà, infatti, non ha minimi sindacali, scatti di carriera, né contributi. Per lui non ci sono mense aziendali o stages di formazione. E dopo decenni in curva, fra bastonate date e bastonate ricevute, nemmeno uno straccio di pensione. 

    P.S. Insensibile al grido di dolore del Bocia si è dimostrato, invece, il responsabile Sport del PD Luca Di Bartolomei (figlio di Agostino). Dopo aver stigmatizzato la presenza "in una sede istituzionale di un soggetto sottoposto a una misura cautelare, sovente utilizzata per la criminalità organizzata" ha espresso "solidarietà e vicinanza a Giovanni De Biase, dirigente Digos che il Bocia si era sentito in dovere di minacciare e al Pm Laura Cocucci", che aveva chiesto una condanna a 3 anni di sorveglianza, ridotta poi dal giudice a 18 mesi. 
     


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