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Trovato il CT, stiamo ritrovando l'Italia: le big non sono così lontane (o almeno non sembrano)
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Sia Spalletti che Nagelsmann hanno oggi più speranze di contare su calciatori duttili che permettono di variare sistema di gioco e posizioni anche nella stessa partita: spettacolari gli interscambi tra Musiala, Gundogan e Wirtz alle spalle di Havertz, belli e concreti i movimenti interni di Dimarco e Darmian in appoggio alla manovra. Comuni anche le carenze concentrate in un singolo reparto: l’Italia attende test contro difese più preparate per valutare il reale valore di Retegui, la Germania spera che questi due mesi e mezzo servano per consolidare la linea difensiva in cui sabato ha esordito il 27enne Mittlestädt, laterale sinistro berlinese splendidamente ambientatosi a Stoccarda e co-autore della stagione del rilancio dello storico marchio calcistico della città automobilistica per eccellenza. Ha patito Dembelé per un tempo poi si è risollevato: grazie anche a lui, i tedeschi hanno interrotto una serie di 10 partite consecutive in cui avevano subìto almeno un gol (7 in 4 nella gestione Nagelsmann).
Anche il tour promozionale dell’Italia negli Stati Uniti lascia buone tracce nella ricostruzione dell’identità di squadra: la garra sudamericana della Vinotinto (quanti ricordi nelle notti magiche di SportItalia…) e soprattutto dell’Ecuador non ci ha spaventato, anzi. Ci siamo allenati a difendere, lottare e soffrire, appoggiandoci sulle spalle dei leader (Barella Top Class). E il livello abbordabile delle avversarie ci ha aiutato a ritrovare l’autostima scivolata via nell’ultimo, svogliato periodo manciniano. Basta questo per rialzare la cresta e farci pensare di poter difendere il titolo di fronte ai galletti francesi e ai leoni inglesi? Naturalmente no: “mind the gap”, anche se non dovremo prendere la metro per andare a ri-conquistare la coppa a Wembley, resta un avvertimento utile per ricordarci dove eravamo (campioni d’Europa) e da dove arriviamo (eliminazione dai Mondiali). Loro hanno i calciatori e i fuoriclasse, noi abbiamo di nuovo lo spirito. Non era scontato. E non lo sarà nemmeno per loro ai prossimi Europei: la Francia di sabato è stata apatica, senza ritmo né movimento, facendo riaffiorare gli incubi del black-out che la portò all’eliminazione con la Svizzera tre anni fa. L’Inghilterra aveva troppe assenze per essere giudicabile ma il peso della maglia della nazionale, anche con i colori sfumati della croce di San Giorgio nella nuova discussa divisa, si fa sempre sentire anche sui talenti più luminosi: Phil Foden, travolgente col City e meno consistente in nazionale, è solo l’ultimo caso.
Con le dovute proporzioni e con avversari molto diversi nelle amichevoli primaverili di avvicinamento, sembra insomma di rivivere la fase di attesa a EURO 2016: aspettative ridotte nei confronti dei calciatori e altissime verso i poteri magici/taumartugici del ct. Allora Conte, oggi Spalletti. Con un anno in meno di lavoro alle spalle (mica poco) ma forse con una spinta propulsiva maggiore dell’ex “ct di tutti” (cit.). Che 8 anni fa, a soli 76 giorni dal debutto contro il Belgio, veniva travolto 4-1 dalla Germania.