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Tra promesse azzardate e vaccini farlocchi: gli italiani sono sull’orlo di una crisi di nervi
Più di un anno, ormai, è trascorso dal giorno dell’allarme rosso. Sostanzialmente nulla di radicale è cambiato. Persino i numeri sono pressoché gli stessi. Nell’aprile del 2020 i contagiati quotidianamente dal Covid19 in Italia erano poco meno di diciannovemila, le vittime poco più di cinquecento. Un grafico che si discosta di pochissimo da quello che ci viene presentato tutti i giorni in questo periodo. L’unica differenza, certamente non da poco, sta nel fatto che a differenza da ciò che accadeva ieri oggi potremmo contare ufficialmente su vaccini. Il verbo al condizionale è d’obbligo per mille motivi, ma soprattutto per l’indescrivibile caos nell’operazione delle somministrazioni che neppure un generale dell’esercito pare essere in grado di disciplinare come andrebbe fatto. A questo si è aggiunta, ora, la tegola del siero prodotto dalla Johnson & Johnson che, appena arrivato sul mercato, è stato stoppato come già era accaduto per Astrazeneca. Diffidenza e timori cresceranno fatalmente ritardando la campagna vaccinale che è l’unico strumento efficace a nostra disposizione attualmente.
Intanto in questo clima di disorientamento generale, per dirlo con un eufemismo, si fanno sentire le voci assortite di coloro che, giustamente, rivendicano il diritto alla vita e quindi al lavoro insieme a quelle di chi cavalca il malcontento popolare per scopi di propaganda politica. Un anno fa con cadenza quasi settimanale in televisione compariva il premier Giuseppe Conte per dirci, usando un linguaggio semplice e umano, ciò che potevano e quel che non dovevamo fare. Il presidente del Consiglio veniva puntualmente spernacchiato e contestato. Oggi il “dominus” Mario Draghi si muove dietro le quinte come un‘entità virtuale, salvo un paio di conferenze stampa dove si è limitato a rispondere alle domande senza dire nulla di suo, delega i suoi ministri ad illustrare la situazione. Sempre le stesse cose, sempre i medesimi discorsi con l’aggiunta, ora, di promesse perlomeno avventurose se non avventate.
Esemplari, per esempio, gli interventi ripetuti di Speranza (“Prevedo che a giugno si possa riaprire”) e quelli di Salvini (“A maggio si deve tornare alla normalità”). Ma, ci scusino lorsignori, non è sempre stato affermato con il supporto ufficiale della scienza che la ripartenza del Paese sarebbe stata condizionata dalla salute ritrovata per i cittadini di quello stesso Paese? E’ esattamente ciò che è stato fatto in Inghilterra da Boris Johnson il quale veniva deriso dall’Europa e screditato per il suo amore verso la birra. Quaranta milioni di inglesi vaccinati. E soltanto adesso riaprono pub, ristoranti e bar all’aperto. Qui da noi, invece, Draghi firma un protocollo con l’Uefa garantendo che la partita inaugurale degli Europei si giocherà a Roma con il contorno di venticinquemila spettatori in presenza. Saranno prima tutti vaccinati o almeno tamponati? Non si poteva, evidentemente, permettere al dittatore turco Erdogan di scipparci il palcoscenico europeo. Intanto i ristoratori non possono ospitare manco trenta persone mentre cinema e teatri restano tabù.
Fa ancora freddo e la primavera tarda a farsi sentire. Ma tra un amen sarà estate e se per quella data non si sarà raggiunta la famosa immunità di gregge (evento che allo stato attuale delle cose appare a dir poco miracolistico) il rischio molto evidente e concreto è che venga ripetuto in fotocopia il macello dello scorso anno. Così come insegna il modello Sardegna che da regione bianca è tornata in rosso. E a guadagnarci saranno soltanto gli psicologi.