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    Totti, Pirlo, Kakà & co: ciao 2017, ciao leggende, il calcio non sarà più lo stesso

    Totti, Pirlo, Kakà & co: ciao 2017, ciao leggende, il calcio non sarà più lo stesso

    • Angelo Taglieri
    Hai pianto. Eccome se hai pianto. Come quando da bambino i più grandi ti portavano via il pallone, fischiando la parola fine alla partita che aspettavi da una vita. Un brusco risveglio da un sogno che dura ogni volta 90 minuti, un brusco risveglio da anni di calcio, di emozioni, di lanci di prima, un brusco risveglio da un Mondiale vinto nel 2006, da amori nati con colpi di fulmine che solo il mondo pallonaro sa spiegare. “Perché hai amato Totti?”. Facile, troppo facile. “Beh, allora perché hai amato Rosicky?”. Chi ama il calcio sa.

    Il 2017 ci sta salutando. E noi, guardando indietro per l’ultima volta, prima che il bagliore del 2018 ci accechi, li vediamo lì, all’orizzonte, che si passano il pallone come fa un gruppo di amici finita la partitella di calcetto. Un calcetto durato 25 anni. Voltati di spalle, palleggiano, senza farlo cadere: uno con la 22, l’altro con la 14, poi c’è il 10 ceco, il 21 tedesco, il 21 italiano, l’8 britannico, il 7 olandese e il 10 giallorosso. Tutti lì, con indosso gli scarpini. Per un’ultima volta. 

    Ricardo Kakà, Xabi Alonso, Thomas Rosicky, Philipp Lahm, Andrea Pirlo, Frank Lampard, Dirk Kuyt e Francesco Totti. Idoli di una vita, idoli di una generazione che ogni weekend, tra anni ’90 e duemila, attendeva un’accelerata del brasiliano atterrato a Milano con gli occhialini da ragioniere, un lancio dello spagnolo incubo rossonero, una giocata del Piccolo Mozart fatto di cristallo, una discesa della bandiera tedesca, una maledetta del Maestro, un tiro da fuori area con la maglia Blue di Frank jr e un cucchiaio del Pupone. Fuoriclasse che hanno detto addio, vincenti che hanno fatto ciao con la manina: chi da lontano, molto lontano, come Pirlo, Kakà e Lampard; chi tra un Meisterschale e una pinta di birra, come Lahm e Xabi Alonso; chi sul prato in cui è cresciuto, come Rosicky e Kuyt

    Poi c’è chi ci ha salutato dal salotto di casa, quella casa dove è nato e cresciuto, diventando re: Francesco Totti. Un popolo che ha vissuto una vita ai suoi piedi, per i suoi piedi, ha deciso di pendere dalle sue labbra per un intero pomeriggio. Figlio di Roma, una Roma che si è fermata, ha pianto, applaudito, ascoltato; una Roma che ha visto 25 anni di storia passeggiare in quell’Olimpico, a rilento, mettendo tanta poesia anche in una semplice camminata. E noi ad accompagnarlo, idealmente, mano nella mano. Totti ti riempie la bocca. Totti ti riempie gli occhi. Totti ti riempie il cuore

    I passaggi tra amici sono finiti, il pallone ha terminato la sua corsa e gli scarpini sono già appesi ai rispettivi chiodi. Ognuno ha deciso di prendere la propria strada: allenatore, dirigente, presidente, ambasciatore… Prima, però, tutti insieme, danno un ultimo sguardo a chi si è voltato, a chi ha avuto il coraggio di guardare indietro. Il Pupone prende il pallone, tra le mani. Lo guarda, lo accarezza. E ce lo lancia. Come quel pomeriggio lì, quel pomeriggio all’Olimpico, quel pomeriggio nel giardino di casa. “Andate avanti, anche senza di noi”. Hai pianto. Eccome se hai pianto.
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