Toromania: Programmare per divertirsi
Fateci divertire, ma non fateci aspettare troppo. C’è fiducia, nonostante tutto, da parte dei tifosi e dell’ambiente: si può vedere un Toro migliore, dopo averlo visto salvo senza troppi problemi. Bisogna lavorare e sacrificarsi per vedere un Toro che possa non solo salvarsi, ma magari passare nell’altra metà della classifica, laddove poi succede di tutto, se azzecchi l’anno ‘buono’: il Catania insegna che senza dover fare pazzie, ma strutturando almeno la squadra, dei risultati si possono ottenere, nell’immediato e nel tempo. Non parliamo dell’Udinese, perché quello è un paragone azzardato ed è un metodo di lavoro che è unico in Italia e, molto probabilmente, irripetibile, soprattutto a Torino: vi immaginate cosa accadrebbe se i granata dovessero cedere al termine di ogni stagione il loro miglior giocatore? Diventeremmo tutti pazzi e si contesterebbe l’operato della società e chissà di chi altro ancora. Di esempi da seguire, ed arricchire con le proprie idee, ce ne sono: alla base di tutto questo, però, serve volontà di costruire e di investire, che significa sacrificarsi anche solo un pochino. Vedremo se Cairo avrà capito le lezioni del passato, senza illudersi nuovamente di essere onnipotente come ha fatto in passato: se questo Toro ha raggiunto i suoi obiettivi, seppur minimi, è perché ha seguito una strada ben precisa. I risultati non sono stati figli del caso o della fortuna (anzi). I risultati sono stati figli di un abbozzo di programmazione, che ora deve però mutare e crescere, così come deve farlo la squadra (chi rimarrà), l’allenatore e la società soprattutto. Sembra uno spot elettorale, ma il concetto è davvero semplice. Un Toro migliore è possibile: basta volerlo.