Toro, no depressione:| Divertimento, carattere e punti
Incanta e soprattutto canta. Bastava ascoltare, venerdì sera a Marassi, per capire la gioia di un intero Toro finalmente orgoglioso di se stesso. Da una parte le urla e i boati di felicità nello spogliatoio granata dopo aver stampato il pesantissimo 2-1 alla Sampdoria, dall'altra i cori e le grida del migliaio di tifosi nel settore ospiti per celebrare il successo più bello e voluto da 18 anni. Un concerto con due voci all'unisono perché lo spettacolo offerto al «Ferraris» va oltre la semplice vittoria, ma rappresenta il raggiungimento di quella libidine promessa da Ventura al suo arrivo.
Quella palla che frulla
«Se la palla frulla ci toglieremo delle soddisfazioni», disse il tecnico genovese per lanciare il suo credo e ridare speranza a una piazza depressa dopo il fallimento dello scorso campionato. Sembrava un marziano e invece dopo 80 giorni di lavoro il Toro vince, diverte, ha personalità, è primo in classifica, ha riportato la gente allo stadio e soprattutto gioca a calcio. Più che un giro del mondo, una vera e propria rivoluzione partita dalla contestazione alla Sisport dell'11 luglio e ora sfociata nell'esaltazione di una piazza che non vedeva giocare così il Torino da troppi anni. «Abbiamo iniziato a toglierci i primi macigni - si gusta il momento l'allenatore granata - e vedo che i ragazzi stanno cominciando anche a divertirsi». Con l'organizzazione, il 4-2-4 e l'umiltà si è formata un'identità precisa: la squadra gioca sempre per vincere e sa soffrire senza scomporsi. «I miei giocatori stanno dimostrando non la voglia di sapere - ha filosofeggiato Ventura -, ma quella di diventare. E questo è un altro segnale che il gruppo sta diventando squadra».
«Siamo tutti importanti»
Nessun figlio e figliastro, turnover applicato con saggezza e una sana dose di sdrammatizzazione per riportare il buonumore nel Toro. Così Ventura ha trasformato una squadra impaurita in un allegro vascello corsaro (4 vittorie su 4 trasferte, un anno fa 5 in tutto su 21) che riesce a ovviare alle assenze importanti (vedi gli esterni: fuori uso Guberti, Verdi, Oduamadi e ora anche Suciu) con spirito di sacrificio. Un Toro intercambiabile con 20 titolari. «Qui tutti si sentono importanti - conferma Rolando Bianchi, in panchina a Nocera e titolare a Genova, dove ha segnato il suo terzo gol in campionato - e sono orgoglioso di essere il capitano di un grande gruppo che in tutti i momenti difficili ha sempre saputo reagire». Gli occhi del bomber sprizzano Toro e dopo tante delusioni patite in questi anni, ora si respira un'aria diversa. «Io sono felicissimo di essere rimasto - aggiunge - e a livello di squadra e anche personale mi sto prendendo delle belle soddisfazioni. Con Ventura sto crescendo tantissimo e per questo mi sento fortunato e felice».
La fiammella è incendio
Vedeva lungo Ventura nel primo giorno del suo giro del mondo Toro. «Qui manca entusiasmo, c'è poca fiducia e la compattezza è tutta da trovare. Io però lavorerò perché questa squadra faccia rivivere l'emozione del Toro: proverò ad accendere una fiammella, ma spero che tutti gli altri possano soffiare sul fuoco per incendiare il Torino». Ora la città, la squadra e la tifoseria bruciano di passione e di fierezza grazie a Ventura. I 17 punti sono frutto di un'applicazione unica, di una mentalità forte e di una forma fisica eccezionale. Non è un caso che il Toro abbia guadagnato 7 punti nella ripresa e nessuno in B abbia questa performance. Il resto l'ha fatto l'uso della psicologia e il metodo del sorriso. «Anche in partita non perde mai la serenità, sa sempre cosa si deve fare e non grida», garantisce un giocatore che l'anno scorso ha vissuto le inutili tempeste di Lerda. Le urla, Ventura, le lascia ai giocatori e ai tifosi dopo le vittorie.