Belotti deve fare i conti con la svalutazione del suo umore, ma anche del suo appeal (sul mercato) e perfino della sua clausola rescissoria, che pure resta e resterà di 100 milioni, esercitabile in qualsiasi momento da un club straniero con il consenso del giocatore. Come scrive Tuttosport, resterà nel nuovo contratto, o meglio nel vecchio (stessa scadenza: 2021) ma riaggiornato nell’ingaggio, che quanto prima da buon proposito diventerà carta che canta. Perché pure qui è il caso di sbrigarsi, e Cairo lo sa bene: come se non più di Belotti. Un Gallo motivato è dirimente per il Toro, se non vitale. Nel presente e nel futuro, auspicabilmente il meno vicino possibile, allorché si riproporrà il tormentone-mercato: dove col cavolo, però, adesso ti farebbero quell’offerta, e nemmeno quelle avanzate (la metà di 100 o poco più) la scorsa estate da Milan, Atletico Madrid e Arsenal. Vendere Belotti, adesso, sarebbe una follia non soltanto tecnica e morale: anche economica, considerandone l’immagine appannata dai mefitici umori azzurri, oltre che dai troppi mesi trascorsi senza segnare né parlare (anche questo non giova al brand-Belotti). Al contrario, rinnovargli il contratto sarebbe l’investimento più oculato, nell’interesse di tutti, oltre che il mantenimento di un impegno. Che il Gallo, peraltro, si sarebbe già aspettato; ma che per un motivo o per l’altro - prima le vicissitudini della squadra e del tecnico, andato quasi vicino all’esonero, quindi l’infortunio, poi appunto la pena Italia - è stato rimandato a data da destinarsi. Data che invece adesso potrebbe/dovrebbe essere vicina, se non imminente. Le basi, del resto, sono state gettate a suo tempo: per passare dagli attuali due milioni a stagione comprensivi di bonus ai tre ventilati, con Cairo che si era già spinto a due e mezzo più vari ed eventuali meccanismi di arrotondamento, non dovrebbero servire troppi incontri. Potrebbe anche bastarne uno, a breve.