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    Romamania: Tiago Pinto mi piace ma basta con i superlativi, aspettiamo la legge del campo

    Romamania: Tiago Pinto mi piace ma basta con i superlativi, aspettiamo la legge del campo

    • Paolo Franci
    Non sono certo il tipo che si innamora di un dg o di un ds, questo lo premetto. Anzi, detesto profondamente questa cosa molto romana (ista) di trasformare il direttore sportivo in una star. Oddio, certo, se vendi e compri come gli ultimi ds romanisti sulle prime pagine ci finisci per forza. Però, anche basta. E tra l'altro, ufficialmente Tiago Pinto è direttore generale, anche se poi il quadro operativo sarò quello di direttore sportivo e 'padrone' assoluto dell'area tecnica. Naturalmente, sulla stampa è giù iniziata la gara dei surpelativi, con aneddoti e racconti che lo fanno sembrare il Gandalf del Signore degli Anelli, solo molto più giovane. C'è chi lo definisce un seduttore in grado di ammaliare e convincere un giocatore a cambiare decisione nello stesso tempo in cui Filippo Tortu taglia il traguardo. Chi sussurra e racconta di un'intelaiatura di rapporti che neanche la Merkel nello scacchiere dei poteri mondiali. Eppoi, immancabili, le liste degli affaroni portati a termine che fanno sembrare lui Batman e quelli che hanno avuto a che fare con lui dei sempliciotti beffati e messi nell'angolo come mariuoli di cortile. Insomma, un altro superuomo.

    Dico un altro perché ogni volta che penso a un dirigente mi torna in mente Monchi. E qui mi fermo, la storia la sapete.

    Dopo aver ignobilmente e acidamente spettegolato sulle esagerazioni di alcuni miei colleghi e di questo modo trionfalistico di raccontare uno che non è manco sbarcato a Roma e non ha neanche tirato fuori una penna dal taschino, vi dico la mia. Premetto: a 'pelle' mi piace molto. Mi sono letto alcune sue dichiarazioni e diverse cose sul modo di lavorare. Lo scorso agosto, aveva raccontato a Sky, parlando del suo lavoro al Benfica: «Abbiamo investito tanto nelle infrastrutture. Bisogna spendere per allenatori e giocatori, ma mai dimenticare le infrastrutture. Il nostro principio è che un giocatore arrivi qui e pensi solo ad allenarsi e a giocare, al resto pensiamo noi: così li proteggiamo. Penso sia uno dei migliori centri di allenamenti del mondo». Ecco, questo modo di vedere le cose mi piace: l'organizzazione del club innanzitutto. La cura nei minimi dettagli della giornata nell'area tecnica. La qualità degli staff. La necessità di potenziare il settore giovanile sullo stile del Benfica. Senza tralasciare il mercato. Obiettivi semplici ma necessari perché troppo spesso ci si dimentica che una squadra vincente non nasce mai sul campo, ma dietro alle scrivanie grazie a dirigenti capaci e in sintonia. L'idea è che Tiago Pinto agirà in profondità seppellendo definitivamente le ambiguità dell'era Pallotta. Nessun ruolo barocco e una sola stella polare: mettere la squadra nelle migliori condizioni di poter lavorare. Poi, certo, vale per lui come per chiunque altro: nel calcio contano i fatti, unica versa Cassazione. E allora, qualche superlativo in meno non guasterebbe in attesa di vedere la nuova Roma di Tiago Pinto.

    Paolo Franci

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