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    Tensione, lacrime, proteste: Juve, ecco cos'è successo dopo l'eliminazione più clamorosa

    Tensione, lacrime, proteste: Juve, ecco cos'è successo dopo l'eliminazione più clamorosa

    • Nicola Balice, inviato a Torino
    C'è chi crolla, esausto. Chi trattiene a stento le lacrime. Chi se la prende con l'arbitro. E chi se ne va a testa bassa. Ognuno può reagire come vuole, ma negare il fallimento in casa Juve ora diventa un esercizio di stile dialettico, da spendere probabilmente solo davanti alle telecamere e non all'interno degli spogliatoi o degli uffici della Continassa. Dopo l'Ajax e il Lione, quella patita contro il Porto fa ancora più male e fa ancora più rumore. Perché non si può non parlare di fallimento sotto ogni punto di vista. Lasciando da parte la questione legata al marchio, sul campo è fallito il progetto Ronaldo. Ed è fin qui fallita la rivoluzione targata Pirlo, si possono pure elencare tutti gli alibi del caso, ma l'eliminazione contro un Porto per di più ridotto in 10 per oltre 70 minuti non è giustificabile in alcun modo. La sensazione al triplice fischio di Kuipers è stata proprio quella del fallimento: non ci credevano quasi i ragazzi di Sergio Conceiçao, non ci volevano credere i bianconeri. Sfiniti, delusi, frustrati: consapevoli di aver fallito.

    ALTA TENSIONE – Al triplice fischio finale però Pirlo è corso dall'arbitro Kuipers, una reazione anche legittima ma ridurre alle decisioni arbitrali questo clamoroso flop non è e non sarà da Juve: e in effetti le prime dichiarazioni non si sono concentrate su questo. Non è comunque la prima volta in stagione che l'alta tensione si manifesta proprio con proteste anche sanzionate a vari livelli. Una tensione figlia della frustrazione, che pure Leonardo Bonucci ha fatto fatica a trattenere al momento della sostituzione. Ed è forse emblematico il fatto che a parlare a caldo siano stati due della nuova generazione (insieme a Juan Cuadrado) come Matthijs de Ligt e Federico Chiesa: volti freschi da cui ripartire, che scuse non accampano. Ma i leader?

    LA PAURA – Poi c'è chi crolla esausto. Perché tra le varie cose da analizzare c'è il fatto che la Juve fosse a pezzi. Letteralmente. Persino in superiorità numerica è emersa la peggiore condizione rispetto agli avversari. Senza forze mentali ancor più che fisiche. Tra chi è uscito a testa bassa c'è Cristiano Ronaldo. Doveva cambiare la Juve, l'ha fatto ma evidentemente non in meglio almeno in Champions. Lui ne aveva vinte quattro in cinque anni, la Juve ne aveva sfiorate almeno un paio, insieme si sono normalizzati. E se per due anni la Juve è uscita nonostante i suoi gol, questa volta ha deluso CR7 più di tutti: dopo l'Ajax era uscito facendo capire a gesti che la squadra se l'era fatta sotto, stavolta la squadra è stata tradita dal fuoriclasse portoghese che in barriera si è voltato per paura. E a testa bassa si è presentato poi Pirlo davanti ai microfoni, scuro in volto, deluso e frustrato, ora non più immune: il credito è finito. È soprattutto finito il ciclo decennale della Juve più vincente di sempre in Italia, ma mai in Europa. Ed è finito tra delusione, rabbia, stanchezza, frustrazione: gli ingredienti finali del fallimento bianconero.

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