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    Szczesny recidivo, ma le sue papere non sono né le prime né le ultime

    Szczesny recidivo, ma le sue papere non sono né le prime né le ultime

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Quando sbaglia un portiere è come se in un locale cadesse il vassoio al cameriere. Il frastuono dei bicchieri che si rompono e dei vetri che si spezzano innesca inevitabilmente la simultanea rotazione del collo di tutti i presenti. Di solito, seduti al tavolino, pensiamo a due cose. La prima: povera ragazza/o. La seconda: vabbè, può capitare. A Szczesny capita con una certa frequenza. 

    A Udine il portiere della Juve ha vissuto il pomeriggio-horror della sua carriera. Il polacco l'aveva combinata grossa anche col Porto in Champions, però. E’ recidivo. Stessa indecisione, stessa frittata. Il problema forse è di chi continua a pensare che i portieri debbano per forza saper giocare anche con i piedi. Ci provano, ma non è detto che ci riescano. Anzi. La verità è che la papera fa parte del repertorio di tutti i portieri, dai grandi (e fa più rumore) ai piccoli. Fa parte del gioco. La 1ª giornata di campionato ce ne ha dato ampia conferma. Vicario - collega dell'Empoli - è stato tradito dalla stessa titubanza di Szczesny: rigore è quando portiere sbaglia il tempo dell'intervento, direbbe Boskov. E Maenpaa del Venezia stava per cucinare la stessa frittatona made in Szczesny con il pallone tra i piedi e l'avversario a un passo: è stato graziato dal destino, a differenza del portiere della Juventus.

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    Le papere fanno perdere gli scudetti (l'erroraccio di Sarti a Mantova nel 1967 costò il titolo all'Inter) e le Champions, per informazioni chiedere a Loris Karius, il tedesco che regalò il trofeo al Real Madrid, mentre i suoi compagni del Liverpool si stavano chiedendo cosa avessero fatto per meritarsi una simile beffa. Le papere fanno perdere i Mondiali, ve lo ricordate Moacir Barbosa? Portiere del Brasile al Mondiale del 1950, si fece "bucare" dall’uruguaiano Ghiggia e ciao Selecao. Venne - virtualmente - crocifisso, insultato, sbeffeggiato, ricordato come il caprIo espiatorio di quella clamorosa sconfitta al Maracanà. Le papere fanno perdere la Nazionale, come capitò a Marchegiani nel 1992, contro la Svizzera. Le papere tirano giù la serranda su una carriera fantastica, come quella del basco Arconada, che con un tuffo a vuoto favorì il gol del vantaggio nella finale Europea del 1984: non vale come alibi che la punizione fosse stata calciata da uno specialista come Platini. 

    Le papere segnano una carriera, ma anche no. Nel primo caso: Valerio Fiori - ex della Lazio - per un certo tempo fu "Saponetta Fiori", perché gli scivolava sempre il pallone dalle mani; così come Garella - ai primi passi del suo percorso - era noto per le "Garellate", ovvero gli errori gratuiti. Si sarebbe rifatto poi vincendo - da protagonista - due scudetti storici, con Verona e Napoli. Si fece invece scivolare addosso un clamoroso errore con l'Under 21 - a Bristol contro i pari età dell'Inghilterra, uscita bassa completamente sballata con il pallone che gli sfuggì dalle mani - l'allora giovanissimo Gigi Buffon. Aveva diciannove anni e tutta la vita davanti. Non è stato inattaccabile - Buffon - nella sua prima di campionato col Parma, ma può permetterselo: capita a tutti l’errore, l’importante è rialzarsi, togliersi di dosso la polvere e ripartire. Le papere vanno dimenticate subito, come disse Dida dopo la sua, in Champions con il Milan di Zaccheroni, vent'anni fa: Bowyer aveva calciato così, senza pretese, Dida era stato troppo disinvolto nella "lettura" ed era successo il patatrac. Le papere capitano, va così e non c’è nulla da fare: quando l'anno scorso col Torino Handanovic ne infilò una colossale spiegò semplicemente che aveva sbagliato, succede a tutti no?

    Anche perché il migliore al mondo - il brasiliano Allison - non più tardi di sei mesi fa è incappato un una doppia-papera clamorosa. Durante Liverpool-Manchester City ha sbagliato due volte in fase di costruzione e per due volte è stato punito. Una leggerezza, una colpa da espiare, una macchia di sugo su una camicia bianca. Più banalmente: un errore che fa rumore, come un vassoio di bicchieri che scivola dalle mani di un cameriere.

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