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    Szczesny: 'Portiere per papà. La Juve? Subisco pochi tiri... Non leggo le pagelle, solo io so come ho giocato!'

    Szczesny: 'Portiere per papà. La Juve? Subisco pochi tiri... Non leggo le pagelle, solo io so come ho giocato!'

    Wojciech Szczesny, portiere della Juventus, ha parlato a Juventus Tv nel format Players on the Road: "A me piace tanto il freddo, sono abituato alla neve e all'inverno polacco, con -20 gradi. Mi piace, faccio fatica ad allenarmi con il caldo, con 30-35 gradi in estate. Anche qui a Torino arriva a queste temperatura".

    SZCZESNY CANTANTE - "Mia moglie mi ha mandato la melodia senza il testo, ero a casa da solo tutta sera e ho cominciato a scrivere un po', gliel'ho mandato per un'idea di testo. E lei mi ha detto 'Ma è ottimo'. Io però le ho detto di non metterlo, non mi sento un artista, questa parte mia è mia privata, vedere un uomo di 2 metri che scrive una canzone d'amore è una sensazione strana".

    SUL FIGLIO- "Quando mio figlio Liam ha calciato la palla in porta, lo stadio ha urlato 'Siiii'. Ha un 1 anno e 5 mesi, è piccolo, ma prova a prenderlo in braccio. Cosa farà da grande in una famiglia di artisti e calciatori? Eh sì, faremo la guerra su cosa farà. Farà il portiere-cantante, visto che il portiere della Juventus non deve fare tante parate, quando ne prende una si ferma e canta una canzone. Facciamo una partita-concerto".

    IL FARE IL PORTIERE - "L'ho fatto ovviamente per papà, poi ero sempre il più alto tra i miei compagni. Si vedeva subito che ero molto più forte in porta che fuori. Credo che uno ci nasce portiere, perché devi essere molto particolare come persona. Quando giochi a livelli importanti, il margine di errore per un portiere è 0. Devi avere una grande forza mentale per sopportarlo. Quando gioco le partite, gioco bene e vinciamo, io soffro lo stesso. Perché il giocatore può fare il 3 a 0, il 4 a 0, un tunnel un assist. Io magari per una questione di un centimetro prendo un gol. A casa poi smetto di essere un calciatore, mi rilasso. A casa sei un uomo diverso, non una macchina che deve portare a casa i tre punti. 

    GIORNALI - "Io odio queste cose. Sono cambiato molto quando sono venuto in Italia, perché non conoscevo la lingua e non sapevo cosa si dicesse di me. Da allora mi è rimasta questa cosa di non leggere. Le pagelle? Mi fanno ridere, perché l'unico che sa come ha giocato è il giocatore. Poi magari da una parte leggi "Higuain 5.5" e dall'altra "Higuain 7,5"".

    LA PARATA PREFERITA - "Quella fatta con i tempi giusti. Spesso quando fai un "miracolo" vuol dire che hai sbagliato qualcosa nella preparazione, quindi sei costretto ad inventare. Io preferisco le parate semplici, perché vuol dire che ho fatto le cose per bene. Rigori? Devi studiare tanto l'avversario, poi al momento giusto capire cosa farà. Noi studiamo cinque/sei rigoristi e come hanno calciato negli ultimi due anni". 

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