Stadio Roma:| Storia di un sogno
Carlo Levi Della Vida, uno dei più grandi promoter italiani di eventi sportivi (e per un breve periodo consulente dell’AS Roma sotto la presidenza di Renato Sacerdoti), che per anni aveva lavorato negli USA, lo aveva consigliato a Dino Viola non appena questi era diventato presidente: «Primo punto di partenza è avere uno stadio proprio. Quando hai uno stadio proprio puoi guadagnare persino rimettendoci con gli incassi, non soltanto, puoi affittarlo per altre manifestazioni». Della Vida era un vecchio volpone, senz’altro, ma Dino Viola non era uno sprovveduto e a dire il vero di consigli aveva bisogno sino ad un certo punto.
Già prima della fine del 1980 aveva illustrato il progetto di un nuovo stadio giallorosso alla Magliana al sindaco Luigi Petroselli. Tra i punti forti del pacchetto presentato, la formula di finanziamento che sarebbe stato a costo zero per la collettività, fatta eccezione per la realizzazione di una bretella di comunicazione che avrebbe collegato il raccordo anulare all’impianto (svincolo poi realizzato per garantire l’operatività di un grande cinema multisala). Il progetto di Viola, a quello stadio era sorprendentemente avveniristico.
L’impianto avrebbe dovuto avere delle caratteristiche di flessibilità e multifunzionalità, con una copertura mobile. Era stato insomma disegnato per l’allestimento di riunioni di boxe, pallacanestro, tennis, pattinaggio su ghiaccio e persino nuoto. Avrebbe avuto una capienza di 86.000 posti, la stessa, più o meno, dello Stadio Olimpico. Contatti erano già stati avviati con lo studio inglese Murphy & Jahn che avrebbe curato il progetto esecutivo e con le imprese edili di Costantino Rozzi e della Giglio. Insomma Viola, figlio di Testaccio, profondamente imbevuto della cavalcata romantica vissuta sotto le insegne di quel magico impianto in legno, era però possentemente proiettato verso il futuro, convinto di poter garantire l’avvenire del suo club proprio grazie a quell’operazione. Per quanto riguarda la questione dei finanziamenti il piano d’azione era ancora più semplice. Il presidente contava sull’intervento di alcuni sponsor, sulla cessione in appalto delle strutture di corredo dell’impianto e dalla vendita di abbonamenti pluriennali. La morte di Petroselli, nell’ottobre 1981, non smontò lo sforzo di Viola che persistette nel suo tentativo sotto le giunte Vetere, Signorello, Giubilo, Carraro. L’area venne spostata, alla ricerca della quadra, dalla Magliana alla Romanina, venne realizzato persino uno splendido plastico ma questo confine risulterà insuperabile. Difficoltà burocratiche, fortissime resistenze trasversali del CONI (in quegli anni assorbito ed abbagliato dal miraggio dei mondiali del 1990 e dal lungo decennio seguito a quella semifallimentare sbornia edilizia) resero vano ogni sforzo. Viola considerava in assoluto, quella della mancata costruzione dello stadio di proprietà della Roma, la sua più grande sconfitta. Dopo la morte del Presidente del secondo scudetto romanista, il sogno dello stadio non è mai stato definitivamente archiviato.
Il 29 settembre 2009 a Trigoria venne anche presentato un progetto per la sua realizzazione alla presenza del Sindaco e del Governatore della Regione Lazio. Al di là di quelle che possono essere le considerazioni su un progetto che era più che altro allo stadio di auspicio, è interessante vedere su quali parametri di previsione si mossero i media in quell’occasione. Si scrisse che l’impianto era immaginato per una capienza di 55-60 mila spettatori ripartiti su due anelli con un’altezza di 46 metri. Si faceva anche riferimento alla presenza, tra le strutture inglobate, di un Museo del calcio. Sostanzialmente, il filo conduttore tra l’auspicio del 2009 e la realtà del 2012 è proprio qui. La nascita di uno stadio della Roma, segnerebbe, a mio personalissimo avviso, la nascita contestuale di un Museo dell’AS Roma. E’ un elemento che ci aiuta a decifrare fino in fondo quanto la questione unisca nell’immediato il passato, il presente e il futuro del Club. La realizzazione dello Stadio permetterà alla Roma di entrare in un’ulteriore dimensione di programmabilità delle proprie attività e di piena padronanza dei propri ricavi che segneranno automaticamente la maggiore capacità di competere della Lupa. L’impresa è difficilissima, inutile nasconderlo, ci sentiamo di ricordarlo anche per prevenire tutti coloro che al momento del dunque dovessero avere la tentazione di scrivere o dire che la questione era facile o scontata. Se James Pallotta centrerà la nascita del nuovo stadio della Roma, la sua gestione entrerà automaticamente nella storia.