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    Speziamania: le Aquile come McQueen-Papillon, sono ancora vive

    Speziamania: le Aquile come McQueen-Papillon, sono ancora vive

    • Gianni Salis
    La terra di mezzo. Da che mondo è mondo, anzi, da che calcio è calcio, le gioie e i dolori passano inevitabilmente da lì. E lo Spezia non può fare eccezione. E’ bastato rimetterne tre di ruolo oltre ad avere un minimo di accortezza con Gyasi a fare anche il quinto di difesa ed ecco che il Torino è sparito dalla scena, o meglio, non c’è mai entrato. E la nemesi di Jacopo Sala, con la trasformazione da brutto anatroccolo a cigno, si è compiuta. Un cigno che con le fattezze del capitano John Miller ha portato in salvo, per ora, il nostro ‘soldato Thiago’. Ma sarebbe semplicistico attribuire ogni merito unicamente al buon Jacopo. C’è dell’altro.
     
    C’è la rinascita di Nzola, il rientro di Erlic e la consequenziale crescita di Nikolaou, il riposizionamento nel loro alveo naturale delle due mezze ali, e soprattutto la ‘cazzimma’ e la compattezza di un gruppo, Motta compreso, che a Firenze aveva toccando il fondo. Il calcio senza voglia di lottare, di sporcarsi e di sbucciarsi, è un altro sport, più simile a quello che si vede alla playstation. Una compattezza che ha coinvolto il pubblico con quello striscione, prima del match, che ha detto molto se non tutto: “Con Thiago fino alla fine… Forza ragazzi !”. Un pubblico che ha sofferto insieme alla squadra come sempre è stato a queste latitudini per un successo che è ossigeno puro. Ora sei le gare da qui a Natale, tutte decisive, perché chi lotta per un qualsiasi obiettivo, ha l’obbligo di considerarle tali. Ma sarà ancor decisiva la convinzione dei giocatori senza la quale di solito anche i grandi giocatori spariscono.
     
    Dunque quel  ‘Siamo ancora vive’, parafrasando il McQueen-Papillon, è un grido di battaglia che le Aquile hanno lanciato a tutto il campionato e su cui costruire una seconda salvezza che sarebbe ancor più miracolosa della precedente, stante le innumerevoli disavventure che hanno contraddistinto e tuttora contraddistinguono questa stagione. E come declamava il buon Riccardo Borghetti nel suo primo storico inno di metà anni ’80: si può fare.
     

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