Spalletti e Sarri, da Santon a Jorginho: quando cambiare favorisce la Juve
Fedeltà al 4-3-3 che poi, nel caso dell'allenatore interista, è stato modificato per passare a una difesa a 3 in alcune occasioni. Grande coerenza, ricorso quasi sempre agli stessi interpreti, un'immutabilità quasi caratteristica ma spesso decisiva in positivo. Tutto questo fino al weekend appena trascorso, weekend che è stato decisivo per le sorti dello scudetto e della corsa Champions: due obiettivi che si allontanano in maniera forse decisiva per Inter e Napoli. C'è anche da dire che il "diavolo ci ha messo la coda", come spesso accade nei match decisivi, visto gli episodi sfortunati - due rossi - capitati nelle rispettive gare: ma Spalletti e Sarri, nell'ordine, sono andati contro a due "agrapta nomima", due leggi non scritte del calcio, modificando insolitamente la propria visione delle cose fino a quel momento. E hanno commesso due errori decisivi, due errori che avvicinano la Juventus al settimo scudetto di fila.
Prima legge non scritta del calcio: "Se rimani in 10, sei in vantaggio o comunque in una situazione favorevole e manca poco alla fine della partita, non sostituire mai il centravanti". Il numero nove della squadra ti dà infatti spesso la possibilità di allungare la squadra, di costringere gli avversari in difesa e di tenere la palla lontano dalla tua porta, magari perdendo secondi utili e comunque non consentendo il giro-palla facile alla difesa rivale. Quello che stava facendo Icardi fino all'87 della gara di San Siro: da solo intimoriva tutta la retroguardia della Juventus, evitando che Barzagli e Rugani potessero "rimenare le danze". E non si parli di stanchezza: il furore, la voglia di compiere un'impresa epica, la trance agonistica avrebbero consentito all'argentino di finire tranquillamente la partita, lo si evinceva dagli occhi infuocati del capitano nerazzurro. Fino al galeotto cambio operato sa Spalletti: fuori Maurito, dentro lo sfortunato Santon, compartecipe di entrambe le reti della Juve, che hanno fatto terminare la gara 3-2. Ma a prescindere dagli errori dell'ex Newcastle, quello dell'allenatore nerazzurro è stato un cambio che non ha avuto senso proprio dal punto di vista tattico: bravo il toscano ad ammetterlo nel dopo-partita, non adducendo a scuse. Anche se ormai la partita se n'era andata, come la Lazio il giorno dopo...
Seconda legge non scritta del calcio: "Se rimani in 10 dai primi minuti a causa di un'espulsione, sostituisci chi vuoi (una punta o un esterno, preferibilmente), ma mai il play maker, il "cervello" fautore del gioco della squadra". Pronti via, nel decisivo match tra Fiorentina e Napoli di domenica, Koulibaly si fa espellere per un fallo da ultimo uomo su Simeone: Maurizio Sarri, di solito molto lucido nei cambi, quasi immobile nel voler confermare sempre la stessa identità di gioco e sempre comunque molto attento nel conservare il fulcro della propria squadra, ovvero Jorginho Frello, decide di sostituire proprio lui per inserire Tonelli. Mossa che si rivelerà letale: i partenopei non riescono a ripartire con i tre davanti - in netta involuzione fisica - e non sanno a chi affidare palla, esponendosi anima e corpo alle scorribande dei viola. Nessuno in grado di conservare la palla, di congelarla e di suggerire qualche idea: il finale lo conosciamo, 3-0 e campionato quasi chiuso. Non sarebbe stato meglio togliere Callejon o Mertens? Col senno di poi è più facile, ma la scelta di togliere il "volante" si è rivelata quanto mai errata.
Inter e Napoli avrebbero perso lo stesso, senza queste due sostituzioni? Probabilmente sì, ma certo non come poi hanno effettivamente perso. In balia degli avversari.
@AleDigio89