ANSA
Se bastasse una bella canzone il calcio non sarebbe una guerra
Meglio il Festival, dunque, dove un tal Ultimo diventa primo con una bella canzone sul tema dell’immigrazione e dove i bambini dell’Antoniano di Bologna conquistano tutti e commuovono con la loro beata innocenza. Se questa sera poi dovesse vincere Ron con la canzone scritta da Lucio Dalla vorrebbe dire che il cuore della gente è ancora in grado di battere come si deve e che l’anima delle persone non è stata biodegradata dall’oscurantismo emotivo. Non è poi così difficile piacere alla gente senza la necessità di stimolare contrapposizioni e antagonismi che fatalmente portano all’odio e quindi alla guerra. Gli stadi, è ovvio, sono palestra agonistica e quindi luogo di rivalità. Eppure, seguendo lo spirito giusto magari suggerito da una bella canzone, potrebbero continuare a esistere come spazio per il divertimento e per il piacere di stare insieme. Questo almeno prima e dopo la gara, cosa che avviene puntualmente in Inghilterra.
Anche il Festival rappresentava una ”sfida” tra campioni assortiti. Agonismo vocale e non scontro di garretti. Comunque agonismo. All’insegna della felicità, seppure con testi che fanno meditare, della partecipazione e della solidarietà tra gente che sente il bisogno di stare insieme pacificamente e non di dividersi. Baglioni, insieme con Favino e la Hutzinger, sono stati perfetti per bravura, fantasia e ingegno artistico. L’immaginazione, questa volta, è andata davvero al potere secondo i desideri del direttore artistico che ha capito il cuore della gente. E allora se bastasse una bella canzone, in senso metaforico, anche il calcio potrebbe darsi una bella regolata facendosi governare e organizzare da coloro i quali “sanno cantare” la canzone dello sport autentico