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Scontri Liverpool, ignorate le segnalazioni della Digos
È stato sbagliato qualcosa a Liverpool?
“C’è una differente concezione della gestione dell’ordine pubblico. In Italia e a Roma, in particolare, tutto viene organizzato facendo prevenzione, evitando che le tifoserie, se si tratta di partite delicate, possano venire a contatto. Nel Regno Unito si punta più sulla repressione: alle tifoserie viene concesso di muoversi liberamente, però poi se sbagli ti colpiscono con fermezza”.
Ma la polizia italiana aveva passato molte informazioni sugli spostamenti dei tifosi romanisti ai colleghi di Liverpool?
“Sì, sia nei giorni precedenti, sia prima e durante la partita, perché c’erano agenti della Digos in trasferta che hanno collaborato con i colleghi britannici. Avevamo ad esempio spiegato che una parte consistente dei tifosi romanisti si sarebbe diretta nella zona portuale, nei pub. Da qui a duecento tifosi è stato consentito di marciare verso lo stadio, ma in quel caso c’era una vigilanza. Per i cinquanta in arrivo della stazione, invece, questo non è avvenuto. Tra l’altro, per l’individuazione dei responsabili degli scontri e del ferimento dell’uomo finito in ospedale, il contributo dei nostri agenti è stato decisivo, sono stati loro a identificarli e fermarli”.
Allarme hooligans. Non siete preoccupati dal fatto che il 2 maggio, in occasione della gara di ritorno, i tifosi del Liverpool vengano a Roma in cerca di vendetta?
C’è il rischio che si debba giocare la partita a porte chiuse o vietare la trasferta?
“No, sapremo gestire l’evento. Per noi sarà una priorità: controllare tutti i punti di arrivo dei tifosi del Liverpool, in particolare aeroporti e stazioni. Li porteremo nell’area del meeting point, a Villa Borghese, e il loro arrivo allo stadio Olimpico sarà comunque scortato. Tutti gli spostamenti saranno vigilati, fin dal giorno prima, anche per evitare contatti nei pub o nei tradizionali punti di ritrovo. Nella fase di accesso all’Olimpico e all’interno dello stadio non vi saranno possibilità di contatto”.